(L) intervista PUNTO INF. 2.0

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Author: pinna
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Subject: (L) intervista PUNTO INF. 2.0
SM, Sun, May 22, 2005 at 06:51:27PM +0200:
> Ho cercato di integrare il tutto con gli input
> della lista; se qualcuno vuole aggiungere
> qualcosa direi che siamo all'ultimo giro.
>
> S
>
> >1) chi sto intervistando (un nome e un cognome va bene, anche questo
> >"s*phz"
> >va bene se me lo spieghi...) nella sfilza di link non ho ben capito quale
> >sito curi e precisamente cosa fai per la causa(i tuoi compiti...
> >organizzatore, designer, compositore che ne so...)
>
> Nella configurazione dell'editoria digitale i
> ruoli tendono a confondersi. Sia quelli di
> autore, editore ed etichetta che quelli, ben piu'


etichetta non include 'editore' aggiungendovi spesso la distribuzione?
forse allora possiamo dire "Sia quelli di autore, editore e distributore
che quelli" etc ?


> salienti, di artista e ascoltatore. Nel nostro
> coordinamento alcuni sono editori/etichette,


v. sopra


> altri dei musicisti interessati a seguire le
> sorti della propria musica senza affidarle a
> terzi; altri ancora sono dentro le webradio, uno
> strumento sempre più potente di propulsione della
> musica libera. E anche, ma lo siamo un po' tutti,
> semplici ascoltatori che volgiono prendere parte


vogliono


> a questo cambiamento. Io mi chiamo Sergio
> Messina/RadioGladio, per la mia propria causa
> personale suono, scrivo e pubblico parte di
> quello che faccio in rete, con una licenza molto
> permissiva. Ma il bello di Left è che ci sono


(L)eft


> molte realtà, e anche opinioni lontane, su certe
> cose. Tutti però vogliamo utilizzare il copyright
> in maniera diversa rispetto alla norma.


o "in maniera diversa da quella tradizionale" ?
:) boh.


> Per ora
> non abbiamo ruoli specifici.
> >2) Un tuo parere sulla diffusione del copyleft negli ultimi anni (è
> >aumentata, diminuita...)
>
> Non solo sta aumentando esponenzialmente, grazie
> alla diffusione e all'immediatezza della rete
> (rispetto al collo di bottiglia sempre piu'
> stretto dell'editoria musicale tradizionale), ma
> sta iniziando ad essere commercialmente
> appetibile, soprattutto per chi fa molti
> concerti, ma non solo. La recente apertura delle
> major verso alcune licenze di Creative Commons
> (palesata dalla concessione di brani di loro
> proprietà per la compilation CC di Wired) lo


ora non ricordo: siamo sicuri che le concessioni delle major per quella
compilation siano relative all'uso dei brani e non alle esclusive degli
autori? scusate ma non ho possibilita' di verificarlo personalmente


> dimostra. E poi, col web, è inevitabile.
>
> >
> >3) perché è così importante la diffusione della musica al di fuori del
> >copyright?
>
> Per molte ragioni. Innanzitutto perché modifica
> la relazione esistente tra chi fa musica e chi
> l'ascolta, uscendo dalle logiche commerciali e
> svincolando la musica dal concetto di prodotto
> (singolo, pubblicita', marketing, etc.) per
> riportarlo su un rapporto di servizio (concerti,
> dj set, installazioni etc.).


"relazione" mi piacerebbe piu' di "rapporto di servizio" dato che i
servizi nella nostra societa' sono semplicemente degli altri prodotti
(non materiali)

quindi direi:
"svincolando la musica da un concetto di prodotto (singolo,
pubblicita', marketing, etc.) per riportarla alla sua natura di scambio
e relazione tra autore e fruitore (concerti, dj set, installazioni
etc.).


> Questo non è solo
> politicamente attraente, ma riporta l'attenzione
> sulla relazione tra chi fa e chi fruisce,
> eliminando qualsiasi mediazione.


smusserei in "tendendo ad eliminare"


> Poi perché il copyright, utilissimo all'industria
> ma non agli artisti, è di intralcio per tutta una
> serie di pratiche nuove e meno nuove come il
> cutup, il mashing, il campionamento,
> l'interpolazione che stanno rinnovando
> profondamente la musica, anche quella da
> classifica. Grazie alla viralitàè possibile


viralità è


> creare un'area di musica che sia legalmente anche
> un semilavorato ricilabile, com'è di fatto tutta,
> ma se ti beccano è un problema. Anche l'Iliade lo
> è stato, pare.


qui la sintassi si e' arrotolata in una sizla, non ho capito se la forma
poi verra' ricontrollata e vidimata con IMPRIMATUR o meno :)


> E poi perché la rivoluzione digitale suggerisce
> l'idea di un copyright variabile, elastico, che
> prenda atto del fatto che le idee, le storie, la
> musica, una volta pubblicate sono appunto
> pubbliche e, com'è sempre stato nella cultura
> popolare, reinterpretabili (e quindi
> riscrivibili) all'infinito. Niente, nela storia
> della conoscenza, è mai stato cristallizzato come
> è oggi la cultura; questo rallenta il progresso.
> E' evidente coi brevetti sul software, ma è così
> per tutta la cultura.
>
> >
> >4) è solo un modo per chi non riesce a "sfondare" di essere sul "mercato"?
>
> L'entita' del cambiamento indotto dal digitale è
> cosi' potente da rendere inutili tutte e due
> queste parole tra virgolette.


ottimo il tono di questa prima parte della risposta: anche se se la
ponessero in tanti, a me pare che resti una domanda del cazzo. i
presupposti per fare questa domanda sono gli stessi in base a cui
qualcuno ancora cerca di sostenere che linux non puo' essere un
buon prodotto se chi lo realizza lo regala. vabbe'.


> In una
> distribuzione digitale non esistono più le
> nicchie (come sa bene Amazon), quindi non serve
> "sfondare" per vivere di musica, e meno che mai
> serve un "mercato". I mercati sono infiniti, su
> molti piani diversi, e ognuno gioca su quelli che
> crede. Io per esempio alcune cose le metto in
> rete mentre altre le metto su CD; altre ancora
> invece vanno prima per radio e poi, semmai, sul
> web; alcune le suono dal vivo, ecc.
>
> >
> >5) quali tecnologie usate (.ogg , prevalentemente musica elettronica...)
>
> Ovviamente chi fa musica elettronica è
> avvantaggiato rispetto a chi deve registrare una
> batteria e una tromba. Ma il ventaglio dei generi
> della musica libera è enorme. Naturalmente si
> scelgono i formati anche sulla base di quello che
> usa la gente. Tendenzialmente preferiamo standard
> non proprietari come Ogg, ma quasi nessuno di noi
> non ha anche una versione in mp3 del proprio
> materiale. Anche per lo streaming il ragionamento
> è lo stesso: software libero (funzionante, comodo
> e spesso gratis) e server pubblici come indivia e
> indymedia. Ovviamente questo genera un circolo
> virtuoso: fai streaming libero trasmettendo
> musica libera su server pubblici, etc.
>
> >6) Non pensi che la produzione volontaria della musica (che non costa ai
> >fruitori) abbia dei limiti insiti? (1.lavoro di susistenza 2. limiti
> >qualitativi 3.esaurimento dopo il periodo dell'euforia)
>
> Penso che nel 2005 qualsiasi strategia che
> preveda una sola modalità sia destinata a
> fallire. A titolo personale posso dirti che non
> penso che tutta la musica debba essere gratis, e
> non tutta la mia lo è (e anche quella che lo è
> non lo è per tutti: se la metti in un film, per
> esempio, forse mi paghi). Credo che agli autori
> vada pagato il giusto prezzo. Che non è né 18.90
> per 20 canzoni di cui 3 belle e il resto fuffa,
> né niente. Ma dopo anni di 18.90 la musica gratis
> è una bella ventata di aria fresca, no? Credo
> che, una volta ristabilito il giusto rapporto tra
> chi fa musica e chi l'ascolta non ci saranno
> problemi di soldi.
>
> Ma le questioni che poni sono interessanti:
>
> 1) lavoro di sussistenza: si tratta della vita,
> ognuno ha la sua: Philip Glass ha fatto il
> tassista per anni dovendo mantenere la famiglia.


sarebbe figo riuscire a dare un quadro un po' piu' ampio della
situazione economica dei musicisti prima che arrivasse internet e la
musica libera. i musicisti sono sempre stati in pena per i soldi. non ne
hanno mai fatti. pochissima gente si e' mantenuta facendo la propria
musica (non sto parlando dei turnisti, dei sottofondi per la tv o delle
orchestre da liscio). la produzione volontaria della musica come
esigenza artistica individuale o di gruppo e' sempre esistita. questo lo
devono scrivere, secondo me.


> Ci sono molti artisti per i quali il ricavato dei
> CD si aggira intorno al 5% l'anno (il 95% essendo
> dei concerti). A questi la musica converrebbe
> regalarla e fare qualche data in piu'. Inoltre
> tra di noi c'e' chi pensa che "l'accelerazione
> cognitiva alla quale e' costretto chi fa
> tutt'altro per sopravvivere e dedica il tempo
> della passione alla musica, produce
> un'alterazione della coscienza dalla quale
> scaturiscono perle di rara bellezza. Non in
> termini di canone estetico, ma di passione. E, a
> parte gli artisti-professionisti, il 90 per cento
> di chi fa musica la fa in queste condizioni e lo
> fa sostanzialmente perche' e' una pratica che dà
> piacere, che permette di resistere psichicamente
> all'urto della colonizzazione lavorista su tutti
> gli aspetti della vita, ma anche di
> contrattaccare, riportando il godimento in una
> posizione centrale della vita quotidiana."


piu' che un virgolettato sarebbe figo riportare questo testo come frase
di un secondo intervistato - boh, non so come.


> 2) I limti qualitativi oramai sono quasi
> virtuali, e la musica che suona meglio nel 2005 è
> fatta con macchine qualsiasi. E' ovvio che la
> qualità tecnica può migliorare, e che oltre un
> certo livello di sofisticazione ti servono certi
> procedimenti che puoi ottenere solo in studio. Ma
> c'è ampio spazio per arrivarci, e quello che esce
> dal tuo PC già va benissimo. Sul lato artistico
> non c'è discussione: nessuna casa discografica,
> meno che mai in Italia, ha mai avuto nulla a che
> fare con la bontà dell'arte che pubblicava.
>
> 3) Ben venga l'esaurimento del downloading facile
> e l'ascolto distratto. Un altro nostro obiettivo
> comune è di diffondere della musica che a noi
> pare rilevante, e non prevedo un esaurimento
> dell'euforia per la buona musica prima del 25.358
> dopo Cristo.
>
>
> >7) il tuo messaggio alle major
>
> What goes around comes around (proverbio inglese,
> vagamente equivalente a chi la fa l'aspetti)



figo
mi spiace di non aver potuto partecipare di piu' ma mi pare che si
dicano un sacco di cose

ciao
pinna