Invio sperando di fare cosa gradita una riflessione sulle iniziative del 
15 e 16 gennaio a Roma.
Cari saluti
Francesco Martone
www.ecogiustizia.org
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Da "la Rinascita" del 17 dic. 2004
Un contratto sociale nuovo
Di Francesco Martone
Chiunque - come il sottoscritto - andrà all'assemblea del 15 gennaio
convocata dal Manifesto e da personalità della sinistra del nostro Paese,
dovrebbe avere ben chiaro che aspettarsi, e fare sì che questa, come anche
l'altro importante appuntamento del 16 gennaio sempre a Roma,  proposto da
alcune testate  d'area di sinistra e pacifiste, non si riducano 
all'ennesima
occasione persa. Oppure  all'ennesima querelle sul "contenitore" piuttosto
che sul contenuto. Affinché questi due appuntamenti possano rappresentare 
un
punto di partenza possibile, sarà anzitutto necessario lasciare  spazio  a
quelle  forme organizzate e spontanee della società civile, e di movimento
che chiedono nuovi diritti di cittadinanza e partecipazione e nuovi
fondamenti dell'agire politico. Si dovrà fare uno sforzo, cercando - 
almeno
per quei due giorni - di lasciarsi dietro il proprio passato, i propri
preconcetti, i propri ruoli, e riconoscere quali sono oggi le sfide che ci
ritroviamo ad affrontare. Tra queste l'opposizione alla guerra globale
permanente, allo smantellamento del welfare, alla globalizzazione
neoliberale con le sue  gravi conseguenze sociali, economiche ed 
ambientali.
Dovremo sforzarci di costruire   un luogo  di elaborazione, e  proposta
collettiva, per porre le basi di un nuovo contratto sociale su scala 
locale
e globale, nel quale il processo  è contenuto, ed il programma un progetto
condiviso.  Un programma che deve anzitutto riconoscere e praticare
l'inalienabilità, la centralità, ed il rafforzamento dei diritti, del
diritto e della solidarietà,  tra popoli e Stati ed all'interno degli 
Stati,
su un fondamento di giustizia sociale ed economica.  Una sinistra plurale 
e
radicale, con una sua "mission" ed un progetto di società, dovrà 
perseguire
l'obiettivo di assicurare  la tutela e promozione dei beni comuni, e dei
diritti di cittadinanza, del nuovo welfare,e di costruire pratiche  di
economia e  democrazia partecipativa a livello locale come a livello
globale.  Una volta concordato il perimetro del nostro spazio comune,
dovremo pensare a darci i necessari strumenti d¹azione. Guardiamo ad 
esempio
a quello che dovrà succedere qualche settimana dopo a Porto Alegre e
prendiamo per buoni i suggerimenti che ci vengono da Immanuel Wallerstein.
il quale evoca per il Forum Sociale Mondiale  una svolta necessaria per
approfondire i livelli di partecipazione e rafforzare i meccanismi di
costruzione di convergenze. Secondo Wallerstein ciò che determinerà la
capacità del Forum Sociale Mondiale di servire l¹obiettivo di trasformare 
il
mondo  in senso più democratico ed egalitario sarà la maniera nella quale
l¹FSM potrà sviluppare meccanismi volti a conciliare lo spazio aperto con
una attività politica reale e concreta. Pertanto la soluzione risiede 
nella
promozione e la creazione nell¹FSM di uno spazio istituzionale per 
alleanze
e attività politiche multiple senza che nessuna di queste sia propria
dell¹FSM. Lo spazio aperto dovrebbe servire non solo per lo scambio di
opinioni ed analisi tra i vari movimenti , ma anche per confrontarsi
sull¹efficacia dei mezzi e degli strumenti del proprio agire politico.
Tornando a casa nostra, la discussione dovrà  riguardare la costruzione di
un simile spazio aperto e ben altro ancora. Dovremo riconoscere l'urgenza 
di
un profondo rinnovamento nell'agire e nelle pratiche di partito  e non. Fa
bene Marco Revelli a raccomandare la costruzione di un nuovo "paradigma
politico", che presuppone un "ridimensionamento dell'enfasi sui mezzi di
potenza", rinviando alle categorie di "relazionalità" ed "orizzontalità".
Questa "subpolitica" può essere  intesa come configurazione di società dal
basso "secondo linee e strumenti che rompono con le logiche ed i metodi
della tradizionale politica statuale, prendendo atto del fallimento delle
sue logiche e dei suoi metodi di fronte alle sfide ed ai rischi della
società globale".   Al di là d¹ ogni riconoscimento rituale, politicamente
corretto, od opportunistico, sarà pertanto imprescindibile accettare che 
in
un nuovo contratto sociale il rapporto tra politica e movimenti non
contemplerà   né il meccanismo di cooptazione,  né l'adesione 
semplicistica
a liste della spesa di buoni propositi politicamente corretti o ad
operazioni di pura alchimia elettorale.  Un progetto politico radicale
intende invece il rapporto tra politica e società civile organizzata  come
condivisione e scambio eguale, e non  semplice delega, nel riconoscimento
dei limiti delle proprie azioni e della complementarietà dell'agire dei 
vari
soggetti politici. A livello nazionale e locale ciò significa produrre
processi che permettano a cittadini e cittadine, alla società civile
organizzata, ai movimenti, al sindacato,  di condividere l'elaborazione di
programmi e progetti insieme a strutture di partito  leggere o a "rete", E
poi creare modelli di consultazione attiva e monitoraggio dello stato di
attuazione dei programmi a tutti i livelli.  Un rapporto fertile  tra
politica istituzionale e movimenti è  possibile solo in  un progetto che 
si
costruisce insieme passo per passo, in un cammino che sia radicale e
praticabile allo stesso tempo e che vada ben al di là di un ipotetico
riformismo radicale da contrapporre o affiancare ad un riformismo di
governo. "Stiamo seduti qui a guardare mentre i sogni ci uccidono", così 
era
scritto,  tanti anni fa,  su un muro di Montevideo. Così lo ha riportato
Eduardo Galeano nel suo splendido "Libro degli Abbracci". Oggi nessuno di
noi se lo può permettere. Anche gli uruguayani lo hanno finalmente capito.
Portiamoci dentro queste parole, quando ci incontreremo a Roma. 
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