[Incontrotempo] San Precario spinge Esc

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Author: francesco raparelli
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Subject: [Incontrotempo] San Precario spinge Esc
Roma 30 novembre
Apparizione di San Precario nel quartiere di San Lorenzo

Studenti e precari, devoti di San Precario e della Immacolata riappropriazione, hanno liberato uno spazio vuoto da molti anni, probabilmente destinato a nuove speculazioni (supermercato?).
Si è trattato e si tratta di una forma di generalizzazione dello sciopero che poco ha a che fare con chi scrive lettere con Montezemolo e rilancia, di fronte alla spregiudicatezza catastrofica delle destre, con l'arroganza della concertazione, con la difesa "senza frontiere" solo di chi è già garantito.
Lo spazio occupato si chiama Esc (Eccedi Sottrai Crea), si trova in Via dei Reti 15 e vi invita oggi alle 18 per un aperitivo di presentazione, chiaramente offerto dalla mano generosa di San Precario, e domani alle 16 per un'assemblea pubblica di movimento per entrare nel vivo dei progetti e dei temi che qualificano questa nuova occupazione: reddito, accesso ai saperi e alle tecnologie, libera circolazione della cultura e della conoscenza in genere, desiderio e pratiche del "comune".

Esc (Eccedi Sottrai Crea)



Quando la condizione di precarietà si fa insopportabile….

Quando il desiderio di conoscenza è bloccato dalla misura e dalla proprietà….

Quando la buona vita non si vede all’orizzonte…



Spingi Esc



Esc è un tasto del tutto particolare: serve ad uscire da una situazione di stallo, da una condizione infelice, da un loop mentale, da una prigione dell’animo, da una nevralgia.

Serve ad uscire, e basta. Uscire per strada, uscire dai rapporti di lavoro precari che ci abbrutiscono, uscire dall’università, uscire nelle piazze. Respirare aria nuova.

Serve a quando il bombardamento spettacolare di segni e immagini ha saturato il nostro campo percettivo, e il problema non sta nel cambiare canale, ma nel cambiar vita.

Serve a fare sciopero dell’attenzione.

Esc è un tasto del tutto particolare: serve a vedere le cose da tutta una nuova angolazione. Serve a vedere che non c’è nessun motivo perché le cose vadano come vadano, se non quello di riprodurre il potere dei pochi sui molti. Serve a vedere che questo non è assolutamente il migliore dei mondi possibili, anzi, a dover scegliere fra mondi, è uno dei più scadenti. Serve a vedere che non solo un altro mondo è possibile, ma che c’è già, va semplicemente aiutato a crescere: c’è nelle lotte, c’è nei comportamenti di condivisione dei saperi, c’è negli atteggiamenti di rifiuto di una precarizzazione che dal lavoro si estende alla vita intera, c’è negli esercizi del comune. Ma chi ha detto che non c’è…

Esc è un tasto del tutto particolare: serve a sottrarsi da una condizione di separazione, frammentazione, individualità che non permette al corpo sociale di esprimere la propria potenza di cooperazione. Serve a sottrarsi agli imperativi della competizione, che viene insegnata come costruzione della propria felicità sull’infelicità degli altri. Serve a dire che se le strategie di sopravvivenza sono individuali, quelle della buona vita sono pubbliche, collettive, comuni. Serve a fare sciame costituente attraverso gli alveari della produzione metropolitana.

Esc si propone come snodo metropolitano di produzione di soggettività. Insiste sulla miseria dell’ambiente studentesco, oramai ridotto alla condizione servile di fabbrica di precarie e precari, per affermare le condizioni di possibilità di concatenamento politico della questione universitaria con la questione più generale dei processi di precarizzazione attraverso l’asse trasversale costituito dalla formazione all’interno dei cicli produttivi della metropoli postfordista. Insiste sulla miseria della precarizzazione, perché crede che questo processo sia incarnato da una moltitudine di soggetti che premono per uscire dall’invisibilità, dall’instabilità, dalla paura e dall’individualizzazione che questa condizione comporta, ed esprime nelle sue componenti una tensione alla più ampia mobilitazione attorno agli obbiettivi che il movimento delle precarie e dei precari si è dato: reddito, libertà di condivisione dei saperi, accesso ai servizi di informazione e comunicazione, mobilità e
alloggio a canoni sociali. Insiste su queste miserie che l’ordine costituito impone e comanda perché crede che la strada da prendere per uscire da questa condizione sia quella di intensificare le reti della cooperazione sociale, quella, per intenderci, che sta sempre sotto alle trasformazioni del vivere, del lavorare, della formazione, della libera produzione dei saperi, quella che i nuovi padroni comandano ma non governano, quella che può fare la differenza, perché è lì che la ricchezza si produce, è lì che la ricchezza vuole rimanere.





Se io fossi a letto sognerei
ma se avessi paura mi nasconderei
e se mai divento pazzo
please don't put your wires in my brain

                           if

        
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