Ciao a tutti,
vi inoltro un contributo che andrea, della lowcoast di bari, ha inviato su precog a proposito del sud e della supposta specificità del meridione d'italia in merito a precarietà, cognitariato e diritto al reddito. Lo inoltro anche su incontrotempo perchè siamo un pò stufi di sentirci dire da altri che al sud il problema è solo la disoccupazione e che i meridionali vogliono e chiedono il lavoro. Noi siamo precari, cognitari e, soprattutto, vogliamo un reddito per liberarci dal lavoro.
givra,
una lowcoast di bari (disseminata a roma, per ora).
Bari è una delle capitali del mezzogiorno che maggiormente ha subito le trasformazioni dovute alla transizione post-fordista e alla costituzione di un sistema imperiale. Fare uscire dalla genericità i discorsi sulla società post-industriale e sulle identità sociali che vi maturano non è facile. Tuttavia, se è vero che si impone la necessità di andare oltre ogni visione lineare e trionfalistica del passaggio dall'era industriale all'era postindustriale, è però altrettanto vero che l'incoerenza della modernità del sud Italia non consente più di continuare a tracciare precise linee di demarcazione fra zone arretrate e zone avanzate della società. Oggi forse è più opportuno e corretto considerare le differenze, le ineguaglianze e gli squilibri sociali e territoriali come componenti, essenziali quanto altre, dell'ambiente complesso su cui sono capaci di agire i sistemi di riproduzione funzionale della società postindustriale. Se la società postfordista andasse ad occupare soltanto lo spazio lasciato vacante dal dileguarsi delle società organicamente industrializzate, mezza Italya, insieme a una gran parte del pianeta, ne resterebbe esclusa.Insomma, come dice Gilles Deleuze, con l'intensità che lo contraddistingue, "il potere è locale perchè non è mai globale, ma non è locale o localizzabile perchè è diffuso". La questione, in sostanza, è oggi globale e locale insieme. O meglio: il locale non è fuori dal globale, non è il suo opposto, in quanto spesso è oggi il suo prodotto.Nella cloaca postfordista che è la città di Bari, da anni, tramite l'inchiesta e le nostre pratiche di lotte, andiamo dicendo ai ceti politici e intelletuali che è terminato per sempre il tempo della "questione meridionale" così come si è trascinata per tutto il 900. Come precog, si tratta di una battaglia condotta su due piani: da un lato ci siamo prefissi di decostruire la nuova ideologia meridionalista di cui sono alfieri alcuni intellettuali e amministratori come Franco Cassano, Mario Alcaro e Franco Piperno (anche se rispetto ai primi due dice le cose più interessanti); dall'altro di rompere l'identificazione inibente di sud e popolo disoccupato. Sulla prima questioe, cioè la critica alla nuova ideologia meridionalista, un importante contributo l'ha data il barese Marcello Tarì, sulla base dell'inchiesta metropolitana condotta dal Gabbiotto infoshop, in un intervento dal titolo "Il sud della moltitudine, la moltitudine dei sud" (lo potete trovare sul numero di Posse del novembre 2003, dedicato ai movimenti costitenti); mentre sull'identificazione tra sud e popolo disoccupato ancora una breve riflessione.Come precog baresi, abbiamo invocato San Precario, per aiutarci a far scomparire "il sud del c'era una volta".Quel Mezzogiorno che i cafoni giustamente abbandonarono non esiste più. Ma non stiamo dicendo che è finita l'epoca per cui bisogna spostarsi per trovare reditto. Per noi esiste un mezzogiorno che è un territorio ibrido dove postfordismo e caporalato coesistono accanto alle imprese dell'immateriale iperglobalizzato, vivificato da una amplia varietà di lavori sociali e profondamente segnato dal lavoro migrante. Se vi è oggi un confine Nord/sud in Italya esso è piuttosto costituito da una linea mobile che fa perno nelle acque del Mediterraneo- trasformato in uno stato marittimo di polizia per contenere l'esodo delle moltitudini africane e asiatiche- per poi rifrangersi e piegarsi come linee di esclusione ovunque.Nella nostra attualità, la linea del potere economico-politico s'intrccia con quella del colore che diviene quella della povertà fino a diventare un'unica linea di linee che corre ovunque. Di sud ne esistono infatti tanti quanti sono gli attuali non-luoghi dello sfruttamento selvaggio; certo essi sono nei campi di pomodoro dispersi in meridione, nei cento sweatshops salentini ma, anche , i sud si disseminano nei quartieri meticci delle città globali come Milano e nelle pieghe colorate del mitico distretto del nord-est. Dire sud, per noi significa dire e continuare a dire resistenza e esodo ovunque. Queste problematizzazioni troveranno un più ampio svolgimento in uno dei prossimi numeri di posse.Oggi in tutti gli ambiti di movimento impazzano le discussioni intorno alla giornata del sei. i precog baresi parteciperanno all'assemblea di domenica 21 novembre al rivolta, sperando di poter incontrare tutte le reti minori che a partire dell'Halloween precario, hanno realmente dato corpo alla riuscita del sei. Lunga vita alla grande alleanza precaria.
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