1deicapimeccaniciciclici wrote:
> una piccola riflessione etica non guasterebbe!
Visto che mi inviti ad una riflessione etica non posso certo tirarmi indietro.
Sul piano etico tutto quello che faccio è riprovevole: partecipo ad una 
società che opprime i suoi simili, divora e sperpera le risorse del pianeta, 
cancella la biodiversità e sta producendo la più massiccia morìa di specie 
viventi dall'epoca dell'estinzione dei dinosauri alla fine del mesozoico. 
Ogni cosa che faccio, ogni gesto che compio, è inestricabilmente collegato 
ad una prospettiva di devastazione planetaria, dal momento in cui mi sveglio 
la mattina tra lenzuola di cotone (coltivato a pesticidi) a quello in cui la 
sera spengo la luce per addormentarmi (interrompendo il circuito elettrico 
che alimenta la lampadina con energia elettrica prodotta prevalentemente da 
combustibili fossili).
Contro questo sistema, non voluto da me, porto avanti un'azione critca 
dall'interno, sforzandomi di muoverlo al cambiamento, peraltro con risultati 
scarsissimi. L'alternativa di un radicale "ritorno alla natura", immaginato 
nei termini di andare a vivere in una foresta pluviale, non mi sembra 
percorribile per via di tutta una serie di limiti fisici, metabolici e 
culturali che porterebbero all'estinzione del sottoscritto nel giro di pochi 
giorni, o settimane al massimo.
Tutto quello che si trova in mezzo comporta l'accettazione in toto o in 
parte di questo modello sociale basato sull'energia prodotta a partire dai 
combustibili fossili: il cibo che mangiamo, gli abiti che indossiamo, le 
medicine che usiamo per curarci o curare i nostri cari, le nostre stesse 
case, tutto è prodotto a partire dal petrolio e dai suoi derivati, per cui 
non è rinunciando ad usare l'automobile "una tantum" o per sempre che 
possiamo sollevarci la coscienza e ritenerci "puri".
Quasi ogni euro che spendiamo _per qualunque motivo_, gira e rigira equivale 
grossomodo ad un petrodollaro, quando non proviene dal consumo di qualche 
altra risorsa naturale spesso non rinnovabile (p.e. le foreste pluviali 
saccheggiate per il legname e per farne pascoli per i bovini da trasformare 
in hamburger)
Il succo di tutto ciò l'ho condensato in un assioma in due parti:
- non è possibile essere perfetti vivendo in un mondo imperfetto
- non è possibile cambiare un mondo imperfetto senza viverci dentro.
Assumendo questo, il mio "crinale etico" discrimina tra chi vuole cambiare 
in meglio questo modello di società e chi la vive passivamente se non 
addirittura agisce per cambiarla in peggio. Tra chi sta "dalla mia parte" 
cerco di essere tollerante, accetto anche chi pratica stili di vita poco 
"equi e solidali" e semmai provo a farglieli cambiare... consapevole 
comunque del fatto che _nessuno_ è senza colpe.
Magari a me personalmente alcune cose riescono meglio di altre, non riesco a 
fare a meno dell'auto, come pure dello svago, però riesco a fare a meno del 
fumo!
Così perlomeno non devo sentirmi responsabile delle migliaia di ettari di 
aree agricole destinate al tabacco e sottratte alla coltivazione di derrate 
alimentari, del consumo di petrolio richiesto dalla produzione, trattamento 
e fabbricazione del prodotto finito, delle malattie prodotte ai coltivatori, 
per lo più nel terzo mondo, causate dall'uso intensivo di pesticidi ed 
anticrittogamici, di tumori, trombosi e malattie cardiovascolari prodotte 
agli utenti finali ed a quelli che ne subiscono il "fumo passivo", dei 
miliardi di spese mediche a questi connesse, né il problema del tutto etico 
di stare finanziando imprese multinazionali senza scrupoli che sulla 
dipendenza da nicotina lucrano utili terrificanti (il bilancio della sola 
Philip Morris è largamente superiore a quello di molte piccole nazioni) e 
reinvestono parte di questi utili per diffondere ed aumentare questa dipendenza.
Sono un moderatissimo consumatore di alcoolici, e ciononostante ogni tanto 
di capita di pensare alle decine di migliaia di morti l'anno che solo in 
italia miete l'abuso di alcool, se smettessi di acquistarne non dovrei 
ritenermi corresponsabile di finanziarne la produzione e quindi il consumo, 
cui in minima parte finisco col contribuire.
Ma il problema dell'essere parte di una società relazionata ed interconnessa 
rimane, niente può garantirmi dal fatto che il giornalaio da cui acquisto il 
giornale non sia un "autosauro", che il macellaio non sia un pedofilo, che 
il negoziante di biciclette non sia un fascio, che il fornaio non sia un 
tossicodipendente che finanzia (da schiavo) le varie mafie mondiali... o il 
mio datore di lavoro non sia un pirata della strada.
Certo, evitando di fare qualsiasi spesa, o meglio qualsiasi cosa, si resta 
fuori dal "meccanismo", o fuori dal mondo. Forse potrebbe riuscirci Tarzan.
Come diceva un certo Cristo, circa duemila anni fa: chi è senza peccato 
scagli la prima pietra.
Ciao
P.s.: mi scuso con chi malsopporta i messaggi lunghi, ma il tema richiedeva 
un "respiro" evidentemente superiore alla media.
Penso cose, poi le ripenso, alla fine penso di pensare troppo...
Potrei essere uno stupido felice, ma non godrei del mio rispetto.
-- 
Marco Pierfranceschi
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"Il (nostro) scopo è reinventare la vita
in un'era che ce ne sta privando in forme mai viste."
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