Author: Vampire shadow Date: Subject: [Cerchio] Sconcertante Rai, 1° maggio in differita
La Rai berlusconiana regala al pubblico una novità assoluta: per la prima volta il concerto del primo maggio non andrà in diretta tv. «Per tutelare gli ostaggi italiani», dice viale Mazzini. Che decide l'oscuramento poco dopo la richiesta, fatta da Fassino, di lanciare dal palco un appello per i sequestrati
MICAELA BONGI
ROMA
Una novità assoluta, che la Rai berlusconiana ha deciso di regalare al suo pubblico. Per la prima volta il concerto del primo maggio in piazza San Giovanni non andrà in onda in diretta, ma in differita. Il suggerimento è partito dal consigliere d'amministrazione Angelo Maria Petroni, targato strettamente Forza Italia. Gli altri tre consiglieri lo hanno condiviso e il direttore generale Flavio Cattaneo che cosa poteva fare, se non accogliere la «raccomandazione»? Motivo dell'inedita scelta? Il concertone potrebbe trasformarsi in una «manifestazione politica». A viale Mazzini si sono subito affrettati a precisare che a dettare tanta cura per la trasmissione prevista su Raitre è stata anche, anzi soprattutto, la necessità di tutelare la sicurezza degli ostaggi italiani, per i quali l'ultimatum delle «Brigate verdi di Maometto» scade proprio sabato. Qualcuno, una volta sul palco - argomentano in Rai - potrebbe farsi scappare qualche parola che potrebbe mettere a repentaglio la loro vita. Da notare che la decisione è stata annunciata subito dopo che il segretario di Ds Fassino aveva esposto la sua proposta: lanciare dal palco di San Giovanni «un appello per la liberazione senza condizioni degli ostaggi». Sotto il Cavallo, poi, non si nasconde che con la volontà di sterilizzare la messa in onda del concertone c'entri anche l'idea di «par condicio» che ha preso pesantemente piede sia in Rai che a Mediaset. E così si parla di «eliminare situazioni non congrue» con il regolamento per la campagna elettorale. Insomma, il vero obiettivo è che non si ripetano casi come quelli dello scorso anno, con Daniele Silvestri o Meg dei 99 Posse che dal palco avevano criticato Silvio Berlusconi, in diretta tv. E se qualcuno chiedesse, per fare un esempio, il ritiro delle truppe italiane?
Ecco dunque che i vertici di viale Mazzini hanno pensato a una bella task force addetta alle forbici: le riprese del concerto dovrebbero essere seguite dallo stesso direttore generale, dal direttore di Raitre Paolo Ruffini (che ieri è venuto a conoscenza della decisione solo dopo le agenzie), dal direttore di divisione e da un rappresentante per ogni sigla sindacale. Peccato che il segretario generale della Cgil, Epifani, non sia affatto d'accordo. E sebbene in Rai sostengano che Pezzotta (Cisl) e Angeletti (Uil) hanno preso atto della novità, almeno il primo dei sarebbe di tutt'altra idea . Il dg, comunque, incontrerà questa mattina i segretari organizzativi di Cgil, Cisl e Uil.
Ma di quanto tempo dovrebbe essere differita la messa in onda del concerto? In un primo momento si è parlato di un'ora e mezza. Poi è stata annunciata una riunione dedicata a scoprire qual è il minimo tempo indispensabile alla valutazione delle performance degli artisti. E' una parola: si può immaginare il dibattito tra i «supervisori», questo va trasmesso, questo no, ma perché? E a chi spetterà la decisione finale? Facile immaginarlo...
Del resto la giornata di ieri ha riservato anche altre sorprese. Il direttore generale Rai - dopo che l'altro giorno, per telefono, aveva promesso «calci in culo» a Lucia Annunziata - ha deciso di spedire alla presidente ben 24 rose rosa accompagnate da un biglietto: «Cara Lucia, può a accadere di perdere la pazienza a te e anche a me. L'azienda però ha bisogno del nostro senso di responsabilità, del nostro lavoro e della nostra collaborazione. Peace? Flavio». Un bel ramoscello d'ulivo seguito da un ordine del giorno approvato dal cda, assente Annunziata (in attesa di segnali da parte delle istituzioni). Il documento «deplora l'esibizione pubblica e la strumentalizzazione politica di colloqui e documenti» da parte della presidente, invitata «a portare le controversie nella sede istituzionalmente competente, ovvero nel consiglio, recuperando la sobrietà dei toni, la serietà dei gesti e la responsabilità dei ruoli». Non una parola sui toni del dg, che alla presidente, appunto, aveva detto «ti faccio vedere i sorci verdi e ti caccio a calci in culo». Circostanza che l'altra sera aveva portato Annunziata a pensare seriamente alle dimissioni.
La presidente ieri sarebbe stata parzialmente rincuorata dalle parole del capo dello stato, Ciampi, che indirettamente, inneggiando alla tv della «positività», ha criticato l'intervista di Bonolis al pluriomicida Donato Bilancia. Ha poi preso posizione il presidente della commissione di vigilanza Claudio Petruccioli, che ha invitato il cda a consentire a Annunziata di riprendere le sue funzioni. Sulla stessa lunghezza d'onda Francesco Rutelli: «Senza il presidente di garanzia il cda non esiste». Ma gli attestati di solidarietà alla presidente e le richieste di dimissioni di Cattaneo (i senatori Ds presenteranno una mozione in tal senso, e il Comitato per la libertà e il diritto all'informazione chiede che il dg rimetta il suo mandato al consiglio) non frenano lo zelo berlusconiano che attanaglia viale Mazzini. Ieri il direttore generale Cattaneo ha anche istituito un bel «comitato di garanzia elettorale», che vigilerà sulla applicazione della «par ccondicio» versione Sua emittenza (no alla satira politica, Blob sforbiciato, primo maggio censurato). Del gruppo faranno parte Rubens Esposito, Giuliana Del Bufalo, Lorenza Lei, Carlo nardello, Alessio Gorla, Anna La Rossa e Guido Paglia. Il segretario di Ds, Fassino, insorge: «In assenza della presidente quattro consiglieri, tutti esponenti della maggioranza, hanno censurato Annunziata, annullato la consueta diretta del primo maggio e costituito un comitato di censura affidandolo pressoché totalmente a uomini e donne di stretta fede politica di destra», in particolare di Forza Italia e An. Il leader della Quercia chiede l'intervento di Petruccioli. Ma per la destra la sua è soltanto una «reazione spropositata».
il manifesto - 28 Aprile 2004
LA PROTESTA
Immagina di cantare in silenzio
Caparezza e Neffa, che non sarà a Roma. «E' un regime culturale»
FRANCESCO ADINOLFI
La consegna è sempre la stessa: disinnescare Roma, il primo maggio a San Giovanni; giustiziare l'evento di massa che più atterrisce i vertici di maggioranza e che da tempo continua a essere sotto tiro. A ciò si aggiungano le ultime tecniche dell'imbavagliamento mediatico Usa - Super Bowl e Grammy Awards - e il gioco è fatto. Ovvero: differita, esibizioni degli artisti ritardate di qualche minuto e, nell'eventualità, ripulite ad arte. Che - ironizza Neffa, tra coloro che dovevano essere sul palco a Roma - «mi sa che è stata motivata dalla tetta di Janet Jackson al Super Bowl. Evidentemente temono che anche Linda (una delle vocalist finora confermate), faccia lo scherzetto». Neffa è appena entrato a casa, sta per annunciare la sua defezione romana - «non sarò a San Giovanni per un virus alla gola, peraltro mi stanno saltando tutte le date che avevo in programma» - e la notizia lo coglie alla sprovvista. «Mi pare - dice - di far parte di una società sempre più controllata, spiata; a cui si nega la capacità di auto-governarsi, di saper scegliere. Inoltre un braccio di ferro non ha senso. Lo sappiamo che il 50% degli italiani è contrario alla presenza in Iraq; non vorrei che la questione degli ostaggi venga strumentalizzata, che diventi un modo per bloccare e censurare. Al nostro paese serve un governo, non il controllo; insomma quella della differita mi sembra davvero una cosa fuori misura».
Mica solo quella. Sembra, infatti, che nel contratto stipulato con i partecipanti al concertone campeggiasse - almeno fino alla decisione della differita - una clausola secondo cui agli artisti che avessero fatto menzione di politici sarebbero stati bloccati i rimborsi spesa pattuiti.
Interviene Caparezza, tra i più attesi a Roma: «Non ho visto i contratti, ma dei rimborsi me ne sarei comunque fregato. Io parlo con le canzoni e se tra un brano e l'altro mi va di dire una cosa, lo farò. Lo avrei fatto comunque». E ancora: «La notizia della differita mi mette l'amaro in bocca, perché il primo maggio a Roma non è né San Remo né il Festivalbar. È una rassegna in cui determinate idee devono passare per forza; se mancano quelle, muore il primo maggio. Il fatto è che viviamo in un regime culturale, è una vergogna. Vedremo cosa succederà sabato». Nel frattempo anche la Fimi, l'associazione dei discografici italiani, esprime rammarico e parla di «inaccettabile misura restrittiva da parte della Rai». Allo stesso tempo Paola Turci annuncia che canterà - insieme alla Bandabardò - Il gigante, un pezzo dedicato a Adriano Sofri. E questo è il punto: la paura. Perché da Caparezza ai Modena City Ramblers, da Frankie Hi Nrg ai Radiodervish, molti degli artisti in cartellone una parolina di troppo potrebbero anche dirla. Non solo, il precedente di Daniele Silvestri, lo scorso anno, ancora brucia. Con il cantante che attaccò il governo Berlusconi «per la guerra ignobile che ha dichiarato alla magistratura». Ma quest'anno è un'altra storia e lo stratagemma della differita, in nome di ostaggi e par condicio, sembra davvero una manna dal cielo. Un autogol senza pari; con la piazza unico (?) testimone di eventuali «intemperanze politiche» da parte degli artisti e il pubblico televisivo in un bavaglio dorato. Ma le piazze i segreti non li hanno mai saputi tenere, e stavolta men che mai. Prepariamoci a ridere, a fine concerto.
VAMPIRE SHADOW - FRANZ
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