[NuovoLaboratorio] la nuova questionew morale

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Author: Andrea Agostini
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Subject: [NuovoLaboratorio] la nuova questionew morale
da l'unità.it

18.02.2004
La nuova questione morale
di Giovanni Berlinguer

È tramontata in Italia la questione morale, oppure si è ingigantita
assumendo forme nuove e dimensioni maggiori rispetto a vent'anni fa ? Il
parlare di etica pubblica è una vana predicazione, oppure ci avvicina al
cuore dei conflitti politici e sociali che stiamo vivendo?
Il tema venne alla ribalta all'inizio degli anni ottanta, come critica della
politica di allora. Ci sono due date ravvicinate che ne segnano l'avvento.
La prima è il 28 ottobre 1980, con l'arresto dell'ex comandante delle
Finanza generale Raffaele Giudice, e la fuga all'estero del capo di stato
maggiore Donato Lo Prete. L'imputazione è di associazione a delinquere,
contrabbando, corruzione e falso, in combutta con politici dei partiti
governativi. La vicenda, basata sull'import-export di petrolio, fu defintita
da Panorama come "la rapina del secolo" e rese agli associati 2.500
miliardi.La seconda data, subito dopo, è il 23 novembre.
E' tramontata in Italia la questione morale, oppure si è ingigantita
assumendo forme nuove e dimensioni maggiori rispetto a vent'anni fa ? Il
parlare di etica pubblica è una vana predicazione, oppure ci avvicina al
cuore dei conflitti politici e sociali che stiamo vivendo ?
Il tema venne alla ribalta all'inizio degli anni ottanta, come critica della
politica di allora. Ci sono due date ravvicinate che ne segnano l'avvento.
La prima è il 28 ottobre 1980, con l'arresto dell'ex comandante delle
Finanza generale Raffaele Giudice, e la fuga all'estero del capo di stato
maggiore Donato Lo Prete. L'imputazione è di associazione a delinquere,
contrabbando, corruzione e falso, in combutta con politici dei partiti
governativi. La vicenda, basata sull'import-export di petrolio, fu defintita
da Panorama come "la rapina del secolo" e rese agli associati 2.500
miliardi. La seconda data, subito dopo, è il 23 novembre. Trema trema la
terra in Irpinia, in Basilicata, a Napoli, nel Salernitano. Subito dopo il
presidente Pertini accorre sui luoghi del disastro, constata che dopo due
giorni non sono ancora arrivati gli aiuti necessari, ricorda che le vittime
del terremoto del Belice vivono in baracche dopo molti decenni, e scoppia
d'ira: "Dove è andato a finire il denaro stanziato, chi è che ha speculato
su queste disgrazie ? E se vi è qualcuno che ha speculato, io chiedo: costui
è in carcere, come dovrebbe ?".
Pochi giorni dopo (27 novembre) la direzione del Pci chiama pubblicamente in
causa "un sistema di potere, una concezione e un metodo di governo che hanno
generato e generano di continuo inefficienza e corruzione nel funzionamento
degli organi dello Stato, corruttele e scandali nella vita dei partiti
governativi, omertà e impunità per i responsabili". La conclusione è molto
esplicita: "La questione morale è divenuta oggi la questione più
importante". Il primo commento di Bettino Craxi sul quotidiano socialista
fu: "Non è questo il momento più propizio per lanciare campagne di
propaganda politica".
Non mi soffermo sul ben noto impulso che diede a questa linea, malgrado
qualche resistenza interna, il segretario del Pci, in particolare con
l'intervista a Eugenio Scalfari del 28 luglio 1981, nella quale la critica
morale ai partiti governativi era accompagnata da una critica culturale
altrettanto decisa: "scarsa e mistificata conoscenza della vita e dei
problemi della società, della gente; idee, ideali, programmi pochi e vaghi;
sentimenti e passione civile, zero".
Negli anni successivi, la questione morale venne ancor più alla luce per la
forza dei fatti. Per opera di magistrati coraggiosi, che reagirono al
sistema generalizzato delle tangenti, ma più ancora per la crisi di consensi
popolari e di autorità politica dei due maggiori partiti governativi, che
portò in seguito alla loro scomparsa o frammentazione. Se il Pci potè
sopravvivere alla bufera, e costituire con perdite e travagli il nucleo
fondante dei Ds, si deve non certo alla complicità di giudici amici, ma al
fatto che esso fu coinvolto solo marginalmente nel clima imperante. Non
insisto, però, su queste mie interpretazioni. Ve ne sono altre in campo, se
ne discuterà a lungo, e lo scopo di questo articolo non è retrospettivo.
Lo scopo è di riferirsi all'oggi proponendo, anche se in modo impreciso e
sommario, queste tesi: a) la questione morale ha coinvolto in passato la
politica, mentre ha lasciato ai margini l'economia; b) oggi, invece, si
ripresenta coinvolgendo la finanza, l'intreccio tra affari e politica, le
attività economiche della criminalità organizzata; c) per queste vie
influisce notevolmente sulla vita quotidiana delle persone; d) il tema ha
portata internazionale, ma presenta caratteri specifici e aggravati in
Italia.
Quasi vent'anni fa Guido Rossi (Corriere della sera, 26 maggio 1987) aveva
fatto cenno al complesso rapporto fra etica ed economia come l'oggetto
"delle più angosciate meditazioni del pensiero antico e moderno", e
all'appello all'etica "come segno che nel mondo dell'economia occidentale fa
difetto o è in crisi il diritto". Nel suo recente libro "Il conflitto
epidemico" (Adelphi 2003) egli è andato oltre nell'impietosa denuncia,
perché purtroppo ha potuto documentare come il mondo degli affari sia ora
profondamente bacato, e come questo rappresenti non solo una distorsione
della morale ma un impedimento al libero mercato e allo sviluppo produttivo.
Nel 2003 vi fu il caso Enron negli Stati Uniti, punta di un iceberg
profondo: un'impresa in fallimento nella quale i dirigenti, con la
complicità dei controllori, avevano messo al sicuro il proprio capitale e
incamerato quello altrui. Poco dopo, in Italia, scoppiano quasi
contemporaneamente i casi della Parmalat e della Cirio. Essi, oltre alla
gestione delinquenziale (associazione a delinquere, appunto) e alla
connivenza dei controllori interni, coinvolgono nelle responsabilità le
banche che hanno collocato le obbligazioni e mettono in luce le omissioni
dei controlli esterni; e il danno è immenso per la vita dei lavoratori delle
aziende, dei risparmiatori e degli allevatori, per i bilanci pubblici e per
la credibilità internazionale dell'Italia.
A questi fatti si sovrappongono altri intrecci malavitosi. Il giorno dopo
che un ministro ha affermato che gli allevamenti di animali sono al disopra
di ogni sospetto, centinaia di ispezioni documentano la presenza di ormoni,
mangimi contaminati e additivi nel cibo di polli, bovini e maiali. I favori
della Giunta siciliana a cliniche in odore di mafia, per cui è già indagato
il presidente della Regione, vengono confernmatui dall'arresto di un ex
assessore e ora consigliere (Forza Italia), e per non fare distinzioni fra
Nord e Sud viene posto agli arresti domiciliari anche l'ex assessore alla
formazione della Regione lombarda. Ogni aspetto della vita di ogni giorno,
dal lavoro al risparmio, dal nutrimento alla salute, rischia di essere
distorto e compromesso da traffici illeciti.
Gli Stati Uniti, dopo l'Enron, hanno inasprito le sanzioni e i controlli.
Fra le specificità dell'Italia c'è l'averli attenuati con la cancellazione
delle sanzioni penali per il falso in bilancio e con gli ostacoli alle
rogatorie internazionali. Un tempo si diceva "fatta la legge, trovato
l'inganno"; ed era male. La novità è che ora si fanno le leggi per
giustificare e incoraggiare gli inganni; ed è peggio perché c'è un effetto a
cascata, come accade con i condoni fiscali e quelli edilizi. Essi
incoraggiano gli abusi, colpiscono gli onesti e tendono deliberatamente a
trasformare i cittadini in sudditi rassegnati all'illegalità e alla
corruzione. Il tutto è sovrastato e sorretto dal gigantesco conflitto tra la
funzione pubblica e i molteplici interessi privati (le televisioni, ma non
solo !) del Presidente del consiglio, di cui si parla solo saltuariamente,
come se dovessimo abituarci e adattarci.
Vorrei aggiungere altre considerazioni, ma le accenno soltanto. Che
l'immoralità maggiore degli ultimi anni è stato lo scatenare una guerra in
base a due menzogne. Che "il fascino dell'ideologia neoliberale" ha
incoraggiato molti ad agire in base al principio enunciato dal suo maggiore
teologo, Milton Friedman, secondo cui "l'etica degli affari è fare profitti"
(con ogni mezzo ?). Che la moralità della politica consiste soprattutto nei
suoi fini, e il fine della giustizia è tra i più nobili (e tra i più
dimenticati da quasi tutti, negli ultimi vent'anni). Che ha avuto ragione
Pietro Scoppola nel richiamare la Convenzione dell'Ulivo con l'appello "ci
vuole più etica".
Mi pare che questa esigenza sia già, in Italia e in molte parti del mondo,
la base comune che unisce movimenti diversi, che può fare da cemento ideale
alla "nuova superpotenza", quell'opinione pubblica che si è affacciata sulla
scena politica e culturale. C'è quindi motivo per sperare e per agire. A
comiciare dalle cose più semplici, ma emblematiche, come la scelta dei
candidati alle elezioni locali ed europee.