EX PRIGIONIERE E FAMILIARI DI DETENUTI POLITICI BASCHI
IN SCIOPERO
DELLA
FAME PER IL RISPETTO DEI DIRITTI UMANI
INTERVISTA ALLE DONNE DI ETXERAT, L'ASSOCIAZIONE DEI
FAMILIARI DEI
PRIGIONIERI, RIFUGIATI E DEPORTATI POLITICI BASCHI,
SULLA SPECIFICITA'
DELLA
CONDIZIONE FEMMINILE E SULLA LOTTA DELLE DONNE
GENNAIO 2004. A cura di Gabriella Gagliardo
dell'associazione Iemanja'
Dal 5 al 9 gennaio delegazioni di familiari e amici
dei detenuti
politici
baschi, appartenenti all'associazione Etxerat! hanno
realizzato uno
sciopero
della fame a Milano, Berlino, Ginevra, Parigi,
Bruxelles, Barcellona.
L'obiettivo era richiamare l'attenzione
dell'opinione pubblica, di
associazioni e istituzioni sulla condizione dei
detenuti e delle
detenute
basche e chiedere il rispetto dei diritti umani e la
fine della
dispersione
dei prigionieri politici, attualmente dislocati in 80
carceri di 6
stati. Il
loro trasferimento nelle carceri basche, prescritto
dalla normativa
internazionale (la Dichiarazione Universale di Diritti
dell'Uomo, le
Nazioni
Unite, i Parlamenti Europeo e Basco riconoscono il
diritto dei
prigionieri a
scontare le loro condanne nelle condizioni meno
afflittive)
comporterebbe
infatti un maggiore controllo sulle condizioni di
detenzione, ed
eviterebbe
alle famiglie i gravi danni provocati dai continui
lunghi viaggi per
visitare i familiari.
Abbiamo intervistato le 11 donne della delegazione di
25 persone
presente a
Milano, al loro terzo giorno di digiuno totale. E'
stata un'intervista
a più
voci, in cui giovani e donne mature, ex detenute e
mamme di prigionieri
appartenenti ad associazioni giovanili, hanno offerto
una visione della
questione femminile da diversi punti di vista. Insieme
all'associazione
Iemanja' ha partecipato all'incontro Lidia Cirillo,
della Marcia
mondiale
delle Donne.
Da quanto tempo esiste la vostra associazione e perché
è nata?
Ci siamo organizzati come familiari ed ex detenuti dal
2001. Tutti
avevamo e
abbiamo gli stessi problemi, sia in Francia che in
Spagna: i nostri
familiari e amici sono dispersi in carceri molto
lontani, in condizioni
terribili. La cosa peggiore è l'isolamento, per
andarli a trovare
facciamo
ogni settimana viaggi lunghissimi, a volte anche oltre
1000 chilometri
ad
andare ed altrettanti a tornare, per pochi minuti di
visita. I viaggi
sono
costosi e pericolosi, gli incidenti hanno già ucciso
13 familiari, solo
nel
2003 abbiamo contato 23 incidenti. E poi ci sono le
questioni
giudiziarie,
mesi e anni di detenzione senza alcun processo.
Affrontare queste cose
insieme ci dà innanzitutto un sostegno morale.
Come è vissuta l'esperienza dell'arresto da parte dei
familiari?
Io sono in questa lotta da 35 anni, da quando
arrestarono mio fratello
in
Francia. Fu rilasciato e arrestato nuovamente, porta
ancora danni
irreversibili alla colonna vertebrale a causa delle
torture, ma ora è
tornato a casa. Un altro mio fratello è stato
arrestato con la moglie e
un
bambino minore di tre anni, il bambino l'hanno
affidato a un istituto.
Abbiamo dovuto lottare a lungo per ottenere noi
familiari di poterlo
riprendere, e lui è rimasto traumatizzato da questa
esperienza,
strappato ai
genitori e consegnato a sconosciuti che parlavano
un'altra lingua,
restava
abbracciato ai propri vestiti e non comunicava. Mio
fratello è stato
torturato, era in una cella di isolamento di 2 metri
per 1,50S
Sl'arrestoSè normale se sei basco che sei torturatoS
Se uno è basco non
importa che sia dell'ETA o di qualunque gruppo, ti
applicano in ogni
caso la
"legge antiterrorismo". La polizia ti trattiene da tre
a cinque giorni,
quasi sempre cinque. I poliziotti qualunque cosa
facciano, godono di
impunità totale. L'isolamento dell'arrestato è
completo, non può
comunicare
con nessuno, per cinque giorni e cinque notti. Evitano
solo che uno
muoia,
ma riescono a fargli firmare qualsiasi autoaccusa. Il
90% delle
condanne dei
baschi si basano solo su queste dichiarazioni in
assenza di qualsiasi
prova
di reato, e i giudici ignorano le successive
deposizioni in tribunale
dell'imputato che sostiene che "la confessione" gli
sia stata estorta
attraverso la tortura.
Ma anche in Francia torturano?
Sì, ma non sempre. In Spagna invece subito dopo
l'arresto è
sistematico, è
raro che non accada. Se ti espellono dalla Francia ti
consegnano alla
polizia spagnola,e allora ricomincia l'incubo. Se
invece esci con
l'estradizione vai direttamente in carcere e scampi
alla tortura: a me
è
andata così.
Il trattamento delle donne è diverso?
E' peggiore. I poliziotti sono maschi. Oltre ai metodi
soliti di
tortura
usati contro gli uomini, le donne sono immediatamente
e sempre sotto la
minaccia dello stupro e vivono in costante tensione.
Tutti i tipi di
vessazione sessuale sono utilizzati per degradare
psicologicamente la
persona, umiliarla, distruggere la sua integrità
mentale e fisica e
colpire
la sua identità sessuale con conseguenze gravissime
nella sua vita
affettiva. Anche gli uomini subiscono violenze
sessuali, ma meno
frequentemente e poi è diverso, è "tra uguali".
Tutte vengono violentate e torturate?
Non tutte, quasi, ma la minaccia c'è sempre. Io no.
Gli altri due
arrestati
con me, della stessa associazione giovanile, che sono
ancora dentro,
senza
prove, senza aver fatto nessun reato, loro sì.
E la tortura psicologica?
Quella sì, sempre.
Cosa accade in carcere?
Anche lì per le donne è peggio. Le carceri sono state
pensate per gli
uomini. Le donne sono poche - anzi lo erano, ora ci
sono situazioni di
sovraffollamento - e non sono previsti spazi per loro.
Sono relegate in
un'area ristretta della struttura carceraria, e
possono usare i già
scarsi
spazi come il cortile per l'ora d'aria o la
biblioteca, solo quando non
sono
occupati dagli uomini. Le esigenze igieniche e
sanitarie delle donne,
dai
servizi igienici alla sala medica, non sono
considerate.
Io stavo in una cella piccolissima con altre quattro
detenute, chi era
tossicodipendente, chi aveva l'AIDS, e potevamo
utilizzare un unico
lavandino per fare tutto, compreso l'igiene intima.
C'era sempre chi
stava
molto male e aveva bisogno di aiuto, non si poteva
avere mai un attimo
di
tranquillità, orari regolari, le minime condizioni per
dedicarsi a una
attività. Non si poteva tenere con se' neanche un
cambio di biancheria.
Le
donne vengono lasciate lì come un rifiuto. Inoltre
l'isolamento dalle
altre
prigioniere politiche è maggiore: essendo di meno
degli uomini, sono
tutte
dislocate in carceri diverse, e se ce ne sono due
nello stesso carcere
li
mettono in reparti differenti.
Le madri possono tenere i bambini con se'?
La legge lo prevede fino a tre anni di età, ma non
viene applicata. Non
ci
sono le strutture adatte, le condizioni igieniche sono
pessime,
l'alimentazione è scarsa e scadente, assolutamente
inadeguata ai più
piccoli, per i bambini il contesto è talmente negativo
che le madri che
tentano di tenerli con se' ci rinunciano presto.
Torniamo alle giovani. Cosa facetave nella vostra
associazione quando
vi
hanno arrestati?
Attività culturali, musica. Prima ci hanno arrestato e
poi hanno messo
fuori
legge l'associazione.
S anche mio figlio era di quel gruppo giovanile,
l'hanno rilasciato e
un
giorno sono venuti a prenderlo di nuovo perché
dicevano che c'era
rischio di
fuga. Eppure andava a firmare tutti i giorni ed aveva
ottenuto un
permesso
per andare a Firenze, era andato e tornato senza
incidenti... il
processo è
fermo, non c'è niente a loro carico..
Per cambiare questa situazione, oltre agli scioperi
della fame, quali
altre
forme di lotta utilizzate?
Ogni settimana in ogni città i familiari realizzano
una concentrazione
pubblica, ogni gruppo locale si organizza a modo suo.
Nella mia città
ad
esempio ci sono due scadenze settimanali: il venerdì
il corteo ha
sempre lo
stesso percorso, giriamo le strade del quartiere in
silenzio con i
cartelli
addosso, con le foto dei prigionieri e ci fermiamo a
fare un presidio.;
il
lunedì invece il corteo è diretto verso luoghi
diversi, come la Guardia
Civile o un'altra sede istituzionale, a rotazione. In
alcune località
invece
organizzano un presidio settimanale sempre nella
stessa strada.
E' una modalità di protesta comune ad altri movimenti
di donne nel
mondoS
qualcuna di voi ha contatti con movimenti femministi?
Io faccio parte di una rete di donne che si è formata
da poco, Bilgune
Feminista.. Lavora sia a livello sociale per i diritti
delle donne, sia
all'interno della sinistra basca per sensibilizzare
sulle questioni
delle
donne le organizzazioni miste. Infatti crediamo che
tutta la sinistra
debba
farsi carico dei problemi che le donne pongono, sono
problemi che
riguardano
tutto l'assetto sociale e non solo le donne. La nostra
rete partecipa
alla
Marcia Mondiale delle Donne, ed è stata anche a Parigi
al Forum Sociale
Europeo. Un mese fa abbiamo realizzato un seminario di
due giornate e
mezzo
su vari temi, come donne e antropologia, la situazione
economica delle
donne, la partecipazione delle donne nei movimenti
rivoluzionari, e
così
via.. Pubblichiamo anche un periodico, Emazan. Anche
le donne
prigioniere
partecipano via lettera..
Con il controllo della censura?
Certamente, per ogni comunicazione. Anche i colloqui
con i familiari e
gli
amici vengono integralmente registrati, adesso inoltre
stanno limitando
il
numero degli amici ammessi ai colloqui.
Cosa sperate di ottenere con questo sciopero della
fame?
E' una protesta e una denuncia. Vogliamo che la gente
sappia cosa
succede.
Vogliamo che i prigionieri tornino, siano rimpatriati:
basta con la
dispersione! Su tre milioni di abitanti, i baschi
hanno 700
prigionieri
politici, una percentuale altissima. Vogliamo che
siano rispettati i
diritti
umani e i diritti civili dei prigionieri. Invece
adesso tutti i
movimenti e
le organizzazioni che hanno relazioni con i
prigionieri vengono
dichiarate
illegali, i giornali vengono chiusi, proibite le
manifestazioni. E' un
conflitto politico. Spagna e Francia vogliono vedere
solo un conflitto
armato con l'ETA. Noi vogliamo che si possa invece
agire
democraticamente un
conflitto politico, e pensiamo che anche le
prigioniere e i prigionieri
siano una parte importante in questo conflitto e debba
essere
riconosciuto
loro il diritto di partecipare.
Al termine delle nostre domande, le compagne basche
hanno chiesto che
raccontassimo loro qualcosa di quello che facciamo in
Italia. Ci
auguriamo
che sia solo l'inizio di un scambio e di una
collaborazione di cui noi
abbiamo bisogno almeno quanto loro.
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