[Cerchio] [M]: Speciale 11 di Settembre . Allegato n 3 . Rob…

Delete this message

Reply to this message
Author: Maurizio / DJ M
Date:  
Subject: [Cerchio] [M]: Speciale 11 di Settembre . Allegato n 3 . Robert Fisk . Grandissimo!
Ed ecco il terzo della serie, dove il centro diviene l'Iraq e a condurre
nella giusta prospettiva è il grande Robert Fisk, che rende onore ad una
professione nobile della quale troppo spesso personaggi loschi se ne
arrogano prepotentemente il titolo. Tanto è il mio rispetto per il lavoro di
Fisk, che l'ultimo fwd della breve serie verrà ancora una volta da lui. Se
naturalmente riesco nell'impresa.

E intanto...

Enjoy
M
_______________

Non Dite Che Non Siamo Stati Avvertiti di Questo Pasticcio

di Robert Fisk

Tradotto da M . canadianm@???

8 Settembre 2003

Quanto è stato arrogante il cammino verso la guerra. Visto che ora il
presidente Bush prova disperatamente ad obbligare il vecchio asino dell'ONU
a salvarlo dall'Iraq -- lui che ci ha avvertiti che le Nazioni Unite erano
in pericolo di trasformarsi in una Lega delle Nazioni in quanto "bottega
della discussione", se avessero declinato di garantire legittimità alla sua
invasione -- siamo presunti credere che nessuno a Washington abbia potuto
indovinare il futuro.

Messer Bush e Blair idealizzarono il loro cammino verso la guerra con il
mito di tutte quelle armi di distruzione di massa e "delle minacce
imminenti" portate dall'Iraq -- sia del tipo da 45 minuti che non -- e
"della liberazione" del dopoguerra, della "democrazia" e del cambiamento di
mappa che si stava andando a concedere alla regione. Ma la documentazione
mostra quanti avvertimenti l'amministrazione Bush ha ricevuto da uomini
sensati e decenti nei giorni che precedettero l'immersione in questa
avventura terribile.

Si considerino le udienze del Comitato Senatoriale per le Relazioni Estere a
Washington alla vigilia della guerra. L'Assistente Sotto Segretario Douglas
Feith, uno dei neo-conservatori di Rumsfeld, ha rivelato che un ufficio per
"la progettazione del dopoguerra" era stato aperto soltanto tre settimane
prima. Lui e il Sotto Segretario di Stato Marc Grossman hanno concesso che
il Pentagono "stava pensando" all'Iraq del dopoguerra da 10 mesi. "Ci sono
incertezze enormi," ha detto Feith. "Il massimo che si può fare nella
progettazione è sviluppare concetti."

A quel tempo senatori degli Stati Uniti erano altamente sospettosi della
questione dei "concetti". Quando il Democratico Joe Biden ha chiesto se
qualcuno nell'amministrazione Bush avesse progettato il governo Iracheno del
dopoguerra, Grossman gli ha risposto che "ci sono cose nel nostro paese che
non saremo in grado di fare in relazione al nostro impegno in Iraq." Richard
Lugar, il presidente Repubblicano allora ha chiesto: "chi governerà l'Iraq e
come? Chi fornirà la sicurezza? Quanto tempo potrebbero in teoria rimanere
le truppe degli Stati Uniti? Avranno un ruolo le Nazioni Unite?"

L'ex Generale Anthony Zinni, un tempo l'uomo ai vertici del US Central
Command durante l'esperienza 'peacekeeping' in Kosovo, Somalia e (nel 1991)
nell'Iraq del Nord, ha sentito odore di bruciato ed ha così detto in
pubblico: "Desideriamo trasformare l'Iraq o semplicemente transitarlo fuori
dall'inaccettabile regime di Saddam Hussein in una nazione ragionevolmente
stabile? La trasformazione implica cambiamenti significativi nelle forme di
governo... Certamente non vi sarà una democrazia spontanea... ". Zinni parlò
del 'lungo e duro' viaggio verso la ricostruzione ed aggiunse -- con una
ironica predizione -- che "non sarà una manciata di gente che se ne esce dal
Pentagono, prende un aereo e vola alla ricerca della pace militare, che
riuscirà a mettere assieme questa cosa."

Ma incredibilmente, questo è esattamente ciò che è accaduto. In primo luogo
è stato il turno di Jay "tira lo stomaco in dentro e dì che sei fiero di
essere un Americano" Garner, e poi del famoso "esperto dell'anti-terrorismo"
Paul Bremer, il quale ha provato a dare una rigovernata a Bagdad assumendo e
poi riassumendo l'esercito Iracheno e quindi - confrontato dalla morte di un
Americano al giorno (e 250 truppe Statunitensi ferite nel solo mese di
Agosto) -- riassumendo i delinquenti assassini dei centri di tortura di
Saddam per aiutare nella battaglia contro il "terrorismo". L'Iraq, Bremer ha
blandamente ammesso la scorsa settimana, avrà bisogno "di parecchie decine
di miliardi" di dollari solo per l'anno prossimo.
Nessuna sorpresa che Rumsfeld continua a dirci che ha "abbastanza" uomini in
Iraq. Sedici delle 33 brigate da combattimento Americane sono ora nel
calderone Iracheno - inoltre altre cinque sono schierate oltremare -- e l'
82esimo Airborne, che si trova appena fuori dall'Afghanistan (dove altri
cinque soldati Statunitensi sono stati uccisi durante lo scorso fine
settimana) è sul punto di essere schierato a nord di Bagdad. "Fateli venire
allo scoperto", Bush si è schernito dei nemici della guerriglia contro gli
Stati Uniti lo scorso mese. Bè, lo hanno preso in parola. Finora non c'è un
brandello di prova che l'ultima fantasia dell'amministrazione Bush --
"migliaia" di combattenti stranieri Islamici "per la jihad" che affluiscono
in Iraq per uccidere gli Americani -- sia vera.

Ma presto potrebbe esserlo. E che cosa si dirà allora? Non è stato forse
invaso l''Iraq per distruggere il terrorismo piuttosto che per ricrearlo? Ci
è stato detto che l'Iraq sarebbe stato trasformato in una democrazia e
improvvisamente si rivela essere un campo di battaglia per più "guerra
contro il terrore". L'America, Bush ora dice alla sua gente, "sta
confrontando i terroristi in Iraq e in Afghanistan... e in tal modo la
nostra gente non dovrà confrontare la violenza terroristica a New York o...
Los Angeles." Allora è così. Trasciniamo tutti questi orrendi terroristi nel
nostro amatissimo Iraq "liberato" e cortesemente questi lasceranno in pace
"la patria". Ma mi domando.

Ma si noti anche, come tutto è predicato a spese dell'America e del suo
sangue. Una commentatrice Americana, Rosie DiManno, ha scritto questa
settimana che in Iraq "c'è anche l'altro costo, quella misurato dalle vite
umane... un Americano assassinato al giorno fin da quando Bush ha dichiarato
la fine della guerra". Notate qui come il sangue degli Iracheni - coloro che
eravamo così disperati nel volere liberare sei mesi fa -- è sparito dalla
narrazione. Al momento si ritiene che fino a 20 innocenti civili Iracheni
muoiano ogni giorno - a causa di omicidi, uccisioni per vendetta, ai posti
di controllo degli Stati Uniti -- ma non contano più. Non sorprende che i
giornalisti ora devono procurarsi il permesso dalle autorità di occupazione
per visitare gli ospedali di Bagdad. Chi può sapere quanti corpi
troverebbero nell'obitorio?

"I comunicati da Bagdad sono in ritardo, insinceri, incompleti. Le cose sono
ben più disastrose di ciò che ci è stato detto... Oggi non siamo lontani da
un disastro." Lo scrittore stava descrivendo nel 1920 l'occupazione
Britannica dell'Iraq che era in stato di sbriciolamento, sotto l'attacco
della guerriglia. Il suo nome era Lawrence d'Arabia.

Robert Fisk è un corrispondente estero, vincitore di riconoscimenti, per The
Independent (Regno Unito), dove questo articolo è stato pubblicato. È
l'autore di Pity Thy Nation: The Abduction of Lebanon (The Nation Books,
edizione 2002).

______________________________