Author: Walter Date: Subject: [ssf] I: lettera al movimento pacifista
Vi inoltro un contributo che ritengo utile ed interessante, che proviene =
da
uno che non la pensa esattamente come me. E che sa darmi spunti di
riflessione ben pi=F9 stimolanti di molti che la pensano come me....
Vorrei tanto che continuassimo a contaminarci.....=20
Walter
----- Original Message ----- > =3D=3D=3D=3D=3D=3D=3D=3D=3D=3D=3D=3D=3D=3D=3D=3D
> Ed ora? - Lettera aperta al movimento pacifista
>
> Non =E8 facile essere pacifisti e nonviolenti ora che la guerra =E8 in = corso,
ora > che dicono "=E8 finita" sapendo bene che la vorranno proseguire all'infinito. > Su questo, a breve termine, siamo stati ancora una volta sconfitti. = Non > casualmente: la guerra, una volta che la si prepara, la si fa. E la
> preparazione non =E8 iniziata sei mesi fa: =E8 iniziata nelle = fabbriche
d'armi, > nei trattati militari, nei programmi politici dei partiti e delle
> multinazionali. Abbiamo ampiamente esercitato tutte le forme possibili = di > dissenso e di protesta (petizioni, marce, azioni di lobbing, azioni
> simboliche...), senza essere ascoltati. Se l'avversario non cambia e = va > avanti comunque, la nonviolenza mi dice che =E8 decisivo e necessario iniziare > a sanzionarlo dal basso, passare a forme di disobbedienza e rifiuto = pi=F9 > indignate e radicali e farle diventare pratiche collettive e diffuse. = Ma > com'=E8 possibile radicalizzare la lotta senza diventare simmetrici = rispetto > all'avversario e senza imitarne i modelli "militari"? Come =E8 = possibile > iniziare a rendere la "non-collaborazione attiva" e la "disobbedienza civile" > pratiche che coinvolgono vaste aree di persone e non solo minoranze?
> E infine: che cos'=E8 a rendere cos=EC difficile l'espansione = dell'azione > nonviolenta nella societ=E0 e nel movimento? Perch=E9 il problema =E8 = in primo > luogo dentro il movimento, tra i tre milioni di persone del 15 = febbraio e
che > hanno esposto le bandiere sui balconi... Gi=E0 un terzo di loro, se divenissero > pi=F9 attive, cambierebbero gli equilibri delle forze in campo. A mio parere, > questo stenta ad accadere perch=E9 ci troviamo ancora dentro modelli culturali > asfittici e ripetitivi, caratterizzati da noiosi ritualismi = passivizzanti. > E tra questi, ne citerei soprattutto tre:
> 1. la violenza e la distruzione sono fonti e richiami inesausti di
> attrazione; quando agisce il triangolo necrofilo
> (militari-militanti-massmedia) intorno si fa il deserto. D'altra parte = la > ripetitivit=E0 e la noia delle forme di espressione politica pubblica = di
massa > (i comizi, i cortei, i convegni...), tutto questo ripetersi e stanco
> procedere di riti sociali, che nessuno pi=F9 riconosce come sensati. = Questo > modo d'agire che non ha nulla di ludico, di creativo, di spiazzante, = di > veramente espressivo, come potr=E0 mai generare un desiderio d'agire, = di > esserci, di avvicinarsi ? E' urgente valorizzare la nostra = sensibilit=E0 > estetica, che non significa fare azioni colorate, leggere, morbide,
> "estetizzanti" , ma essere (come direbbe Gregory Bateson) sempre = attenti
alla > "struttura che connette", all'ecologia naturale e sociale dei nostri
> comportamenti.
>
> 2. Credo che abbiamo molta difficolt=E0 a sviluppare questioni legate = al > boicottaggio, all'obiezione professionale o alla riconversione bellica = (
che > =E8 e resta la questione fondamentale nello sviluppo del movimento: = perch=E9
non > si pu=F2 essere contrari alla guerra soltanto quando la guerra arriva) = anche > perch=E9 siamo ancora dentro una forte cultura di complicit=E0 col = denaro e
col > culto del lavoro. Abbiamo difficolt=E0 a gestire un'azione che in = qualche
modo > mette a repentaglio il lavoro ed il guadagno, che oltrepassa la falsa
> rassicurazione dei consumi . In questo siamo ancora troppo simili a = Bush, > condividiamo con lui un modello di vita, e ci troviamo in una sorta di
> complicit=E0 omertosa molto grande che c'impedisce di fare azioni di
> disobbedienza.
>
> 3. La nonviolenza parte da una visione positiva del conflitto e
> dall'importanza di imparare a riconoscerlo ed a gestirlo direttamente. = E,
se > necessario, =E8 pronta ad aprire conflitti anche con la legge dello = stato se > questa obbedienza implica la rinuncia a principi pi=F9 alti di = giustizia e
di > umanit=E0. Per la nonviolenza non tutto ci=F2 che =E8 legale =E8 = legittimo e non > tutto quel che =E8 legittimo =E8 legale. Le culture dominanti, ancora = forti
anche > all'interno dei movimenti, per esempio quella comunista e quella cattolica, > sono invece culture fondamentalmente aconflittuali, direi anche
> anti-conflittuali, cio=E8 propongono una visione negativa del = conflitto e > tendono a una sua gestione paternalistica, delegata (giuridica o militare)e > ad una sua sostanziale rimozione. Da qui l'insorgere di una visione politica > legalitaria e statalista, ancorata ad un pacifismo soltanto giuridico = e > comunque contrario ad azioni illegali. Ma se la nonviolenza si = limitasse a > questo sarebbe solo 'non violenza' e Gandhi non avrebbe rappresentato alcuna > novit=E0 rispetto al pensiero democratico liberale.
> Concludo: ho enumerato questi tre persistenti ostacoli alla diffusione
> dell'azione diretta nonviolenta proprio perch=E8 li sento ancora molto presenti > nel movimento e nella societ=E0. Spero che sia ancora desiderabile per = tutti > proseguire un confronto ed uno scambio formativo per giungere ad = ulteriori > ibridazioni tra noi.
> Per questo proseguo a rilanciare un triplice appello: ? ai nonviolenti
> persuasi, di accrescere i loro sforzi -ancora molto inadeguati- per
> arricchire con le loro competenze ed esperienze il confronto e la formazione > all'interno del movimento; ? ai non-violenti/antiviolenti di assumersi
> maggiormente la responsabilit=E0 di una nonviolenza attiva ed = integrale,
capace > di lottare davvero contro la guerra e di proseguire a sperimentarsi su
> pratiche non abituali; ? ai disobbedienti a non rassegnarsi e a non
> richiudersi nell'aggredire disperato, a non farsi riprendere dalla = falsa > trasgressione dei codici "militari" ad arricchirci ancora con la loro voglia > di uscire dalla passivit=E0 e di continuare a lottare per un altro = mondo > possibile.
>
> Enrico Euli (formatore nonviolento - Rete Lilliput) (da: l'Unit=E0 = online - > 23.04.2003)
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