[Forumumbri] «Emergenza rifiuti? L'unica soluzione è il rici…

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Author: franco coppoli
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Subject: [Forumumbri] «Emergenza rifiuti? L'unica soluzione è il riciclaggio»
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dal manifesto del 14 maggio

«Emergenza rifiuti? L'unica soluzione è il riciclaggio»
Sulla situazione in Campania parla Paul Connet della St. Lawrence university di New York: l'inceneritore inquina
FRANCESCA PILLA
NAPOLI
Napoli è sommersa dalla spazzatura e non solo per l'emergenza degli ultimi giorni. Il problema è endemico e di difficile soluzione: le discariche sono piene, la raccolta differenziata - che se fosse arrivata al 35% come previsto dal decreto Ronchi avrebbe consentito il riciclaggio di 7000 tonnellate di rifiuti l'anno - non decolla e rimane relegata sotto la soglia del 10%. La risposta per le istituzioni resta l'incenerimento, «una soluzione pigra per politici inefficienti che dovrebbero dare le dimissioni». Ne è convinto Paul Connet, docente di chimica generale e dell'ambiente alla St. Lawrence University di New York, che ieri ha incontrato a Napoli sindaci e professori universitari per spiegare le alternative e i danni provocati dagli inceneritori. Lunedì è stato ad Acerra, invitato dal comune e dal comitato contro l'inceneritore che da 100 giorni occupa lo spazio acquistato dalla Fibe per costruire il megaimpianto. A loro il professore, legato a una rete internazionale per la salvaguardia dell'ambiente - che ha visitato 49 stati negli Usa e 47 paesi nel mondo in nome della lotta per il «rifiuto come risorsa», ha detto che «sono i cittadini come voi in tutto il mondo a cambiare le cose, si tratti del Sud Africa, Corea, Filippine, Usa o Canada».

Professore, perché è contro l'incenerimento?

Anche se l'incenerimento potesse essere sicuro, e non lo è, non ha molto senso distruggere risorse che dovremmo salvaguardare per le generazioni future. Acerra sarà utilizzata come gabinetto di Napoli e sarà un grande spreco di soldi del contribuente. Denaro speso per comprare macchinari costosi sottratto a questa comunità, invece di essere impiegato per creare posti di lavoro.

Ma si tratta del più grande impianto in Europa, e risolverebbe molti problemi.

Innanzitutto va spiegato che più gli impianti sono buoni, più sono inquinanti. Basti pensare che ogni tre tonnellate di rifiuti bruciati corrisponde una tonnellata di ceneri, per il 90% classificate come ceneri di fondo e per il 10% come volanti. Più i sistemi di emissione sono efficienti, più trattengono le tossine che si depositano nelle ceneri volanti. Abbiamo osservato inoltre visitando molti siti, ed è troppo frequente per essere una coincidenza, problemi respiratori nelle popolazioni locali. A livello scientifico ho calcolato poi quanta diossina entra nella catena alimentare e ho scoperto che in un litro di latte di mucca c'è tanta diossina quanta respirando la stessa aria dell'animale per otto mesi. L'impatto ambientale dove ci sono i terreni agricoli, come nel caso Acerra, è più terribile che se si costruisse l'inceneritore in un centro cittadino.

Qual è il «perimetro di sicurezza»?

L'impatto maggiore è per due chilometri, ma i materiali tossici cadono oltre questa distanza. Quindi se le zone agricole si estendono per chilometri l'aria è più diluita, ma viene raccolta da un numero maggiore di animali.

Allora qual è l'alternativa?

Responsabilizzare le comunità sulla raccolta differenziata, portando in discarica solo materiali selezionati e quello che resta spiegare alle industrie, che se non si può riciclare non devono fabbricarlo. Ci vuole anche una maggiore coscienza nella progettazione industriale e per questo servono buoni leader. Quando si costruiscono inceneritori dove si è arrivati al 10% della raccolta differenziata significa che i politici sono inadeguati.

E ora che fare dei rifiuti a Napoli?

Ci vuole un'operazione di stabilizzazione sporca. Probabilmente con una digestione anaerobica per stabilizzarli e poi portarli comunque in discarica. Quindi far partire il riciclaggio. Il 50% dei comuni della Nuova Zelanda hanno adottato la strategia dello zero per cento di rifiuti. A Canberra, in Australia, sono già arrivati al 63% di raccolta differenziata, l'intera provincia della Nuova Scozia ha ottenuto il 50% in soli 5 anni. E più di 60 città in California hanno raggiunto oltre il 50% in pochi anni. Ci sono già delle società in Europa che recuperano i materiali, distruggendo solo il 5% e riutilizzandone il 95%, e questo fa risparmiare alle stesse industrie milioni di dollari. E' una situazione vincente. Certo non si possono cambiare le cose in una notte, ma dobbiamo cominciare a muoverci nella situazione giusta. L'incenerimento va nella direzione opposta. In New Jersey volevano costruire 22 inceneritori, ne hanno attivati solo 5 e ora hanno un debito accumulato di 1,6 miliardi di dollari. L'Italia dovrebbe imparare dagli errori degli Usa.
«Emergenza rifiuti? L'unica soluzione è il riciclaggio»
Sulla situazione in Campania parla Paul Connet della St. Lawrence university di New York: l'inceneritore inquina
FRANCESCA PILLA
NAPOLI
Napoli è sommersa dalla spazzatura e non solo per l'emergenza degli ultimi giorni. Il problema è endemico e di difficile soluzione: le discariche sono piene, la raccolta differenziata - che se fosse arrivata al 35% come previsto dal decreto Ronchi avrebbe consentito il riciclaggio di 7000 tonnellate di rifiuti l'anno - non decolla e rimane relegata sotto la soglia del 10%. La risposta per le istituzioni resta l'incenerimento, «una soluzione pigra per politici inefficienti che dovrebbero dare le dimissioni». Ne è convinto Paul Connet, docente di chimica generale e dell'ambiente alla St. Lawrence University di New York, che ieri ha incontrato a Napoli sindaci e professori universitari per spiegare le alternative e i danni provocati dagli inceneritori. Lunedì è stato ad Acerra, invitato dal comune e dal comitato contro l'inceneritore che da 100 giorni occupa lo spazio acquistato dalla Fibe per costruire il megaimpianto. A loro il professore, legato a una rete internazionale per la salvaguardia dell'ambiente - che ha visitato 49 stati negli Usa e 47 paesi nel mondo in nome della lotta per il «rifiuto come risorsa», ha detto che «sono i cittadini come voi in tutto il mondo a cambiare le cose, si tratti del Sud Africa, Corea, Filippine, Usa o Canada».

Professore, perché è contro l'incenerimento?

Anche se l'incenerimento potesse essere sicuro, e non lo è, non ha molto senso distruggere risorse che dovremmo salvaguardare per le generazioni future. Acerra sarà utilizzata come gabinetto di Napoli e sarà un grande spreco di soldi del contribuente. Denaro speso per comprare macchinari costosi sottratto a questa comunità, invece di essere impiegato per creare posti di lavoro.

Ma si tratta del più grande impianto in Europa, e risolverebbe molti problemi.

Innanzitutto va spiegato che più gli impianti sono buoni, più sono inquinanti. Basti pensare che ogni tre tonnellate di rifiuti bruciati corrisponde una tonnellata di ceneri, per il 90% classificate come ceneri di fondo e per il 10% come volanti. Più i sistemi di emissione sono efficienti, più trattengono le tossine che si depositano nelle ceneri volanti. Abbiamo osservato inoltre visitando molti siti, ed è troppo frequente per essere una coincidenza, problemi respiratori nelle popolazioni locali. A livello scientifico ho calcolato poi quanta diossina entra nella catena alimentare e ho scoperto che in un litro di latte di mucca c'è tanta diossina quanta respirando la stessa aria dell'animale per otto mesi. L'impatto ambientale dove ci sono i terreni agricoli, come nel caso Acerra, è più terribile che se si costruisse l'inceneritore in un centro cittadino.

Qual è il «perimetro di sicurezza»?

L'impatto maggiore è per due chilometri, ma i materiali tossici cadono oltre questa distanza. Quindi se le zone agricole si estendono per chilometri l'aria è più diluita, ma viene raccolta da un numero maggiore di animali.

Allora qual è l'alternativa?

Responsabilizzare le comunità sulla raccolta differenziata, portando in discarica solo materiali selezionati e quello che resta spiegare alle industrie, che se non si può riciclare non devono fabbricarlo. Ci vuole anche una maggiore coscienza nella progettazione industriale e per questo servono buoni leader. Quando si costruiscono inceneritori dove si è arrivati al 10% della raccolta differenziata significa che i politici sono inadeguati.

E ora che fare dei rifiuti a Napoli?

Ci vuole un'operazione di stabilizzazione sporca. Probabilmente con una digestione anaerobica per stabilizzarli e poi portarli comunque in discarica. Quindi far partire il riciclaggio. Il 50% dei comuni della Nuova Zelanda hanno adottato la strategia dello zero per cento di rifiuti. A Canberra, in Australia, sono già arrivati al 63% di raccolta differenziata, l'intera provincia della Nuova Scozia ha ottenuto il 50% in soli 5 anni. E più di 60 città in California hanno raggiunto oltre il 50% in pochi anni. Ci sono già delle società in Europa che recuperano i materiali, distruggendo solo il 5% e riutilizzandone il 95%, e questo fa risparmiare alle stesse industrie milioni di dollari. E' una situazione vincente. Certo non si possono cambiare le cose in una notte, ma dobbiamo cominciare a muoverci nella situazione giusta. L'incenerimento va nella direzione opposta. In New Jersey volevano costruire 22 inceneritori, ne hanno attivati solo 5 e ora hanno un debito accumulato di 1,6 miliardi di dollari. L'Italia dovrebbe imparare dagli errori degli Usa.



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Ne è convinto Paul Connet, docente di chimica generale e dell'ambiente alla St. Lawrence University di New York, che ieri ha incontrato a Napoli sindaci e professori universitari per spiegare le alternative e i danni provocati dagli inceneritori. Lunedì è stato ad Acerra, invitato dal comune e dal comitato contro l'inceneritore che da 100 giorni occupa lo spazio acquistato dalla Fibe per costruire il megaimpianto. A loro il professore, legato a una rete internazionale per la salvaguardia dell'ambiente - che ha visitato 49 stati negli Usa e 47 paesi nel mondo in nome della lotta per il «rifiuto come risorsa», ha detto che «sono i cittadini come voi in tutto il mondo a cambiare le cose, si tratti del Sud Africa, Corea, Filippine, Usa o Canada».<BR><BR><B>Professore, perché è contro l'incenerimento?</B><BR><BR>Anche se l'incenerimento potesse essere sicuro, e non lo è, non ha molto senso distruggere risorse che dovremmo salvaguardare per le generazioni future. Acerra sarà utilizzata come gabinetto di Napoli e sarà un grande spreco di soldi del contribuente. Denaro speso per comprare macchinari costosi sottratto a questa comunità, invece di essere impiegato per creare posti di lavoro.<BR><BR><B>Ma si tratta del più grande impianto in Europa, e risolverebbe molti problemi.</B><BR><BR>Innanzitutto va spiegato che più gli impianti sono buoni, più sono inquinanti. Basti pensare che ogni tre tonnellate di rifiuti bruciati corrisponde una tonnellata di ceneri, per il 90% classificate come ceneri di fondo e per il 10% come volanti. Più i sistemi di emissione sono efficienti, più trattengono le tossine che si depositano nelle ceneri volanti. Abbiamo osservato inoltre visitando molti siti, ed è troppo frequente per essere una coincidenza, problemi respiratori nelle popolazioni locali. A livello scientifico ho calcolato poi quanta diossina entra nella catena alimentare e ho scoperto che in un litro di latte di mucca c'è tanta diossina quanta respirando la stessa aria dell'animale per otto mesi. L'impatto ambientale dove ci sono i terreni agricoli, come nel caso Acerra, è più terribile che se si costruisse l'inceneritore in un centro cittadino.<BR><BR><B>Qual è il «perimetro di sicurezza»?</B><BR><BR>L'impatto maggiore è per due chilometri, ma i materiali tossici cadono oltre questa distanza. Quindi se le zone agricole si estendono per chilometri l'aria è più diluita, ma viene raccolta da un numero maggiore di animali.<BR><BR><B>Allora qual è l'alternativa?</B><BR><BR>Responsabilizzare le comunità sulla raccolta differenziata, portando in discarica solo materiali selezionati e quello che resta spiegare alle industrie, che se non si può riciclare non devono fabbricarlo. Ci vuole anche una maggiore coscienza nella progettazione industriale e per questo servono buoni leader. Quando si costruiscono inceneritori dove si è arrivati al 10% della raccolta differenziata significa che i politici sono inadeguati.<BR><BR><B>E ora che fare dei rifiuti a Napoli?</B><BR><BR>Ci vuole un'operazione di stabilizzazione sporca. Probabilmente con una digestione anaerobica per stabilizzarli e poi portarli comunque in discarica. Quindi far partire il riciclaggio. Il 50% dei comuni della Nuova Zelanda hanno adottato la strategia dello zero per cento di rifiuti. A Canberra, in Australia, sono già arrivati al 63% di raccolta differenziata, l'intera provincia della Nuova Scozia ha ottenuto il 50% in soli 5 anni. E più di 60 città in California hanno raggiunto oltre il 50% in pochi anni. Ci sono già delle società in Europa che recuperano i materiali, distruggendo solo il 5% e riutilizzandone il 95%, e questo fa risparmiare alle stesse industrie milioni di dollari. E' una situazione vincente. Certo non si possono cambiare le cose in una notte, ma dobbiamo cominciare a muoverci nella situazione giusta. L'incenerimento va nella direzione opposta. In New Jersey volevano costruire 22 inceneritori, ne hanno attivati solo 5 e ora hanno un debito accumulato di 1,6 miliardi di dollari. L'Italia dovrebbe imparare dagli errori degli Usa.</FONT><BR><STRONG><FONT size=5><SPAN class=titolo>«Emergenza rifiuti? L'unica soluzione è il riciclaggio» </SPAN><BR></FONT></STRONG><SPAN class=sommario>Sulla situazione in Campania parla Paul Connet della St. Lawrence university di New York: l'inceneritore inquina</SPAN><BR><FONT face=Verdana><SPAN class=firma>FRANCESCA PILLA</SPAN><BR><SPAN class=luogo>NAPOLI </SPAN><BR></FONT><SPAN class=testo><FONT face=Verdana>Napoli è sommersa dalla spazzatura e non solo per l'emergenza degli ultimi giorni. Il problema è endemico e di difficile soluzione: le discariche sono piene, la raccolta differenziata - che se fosse arrivata al 35% come previsto dal decreto Ronchi avrebbe consentito il riciclaggio di 7000 tonnellate di rifiuti l'anno - non decolla e rimane relegata sotto la soglia del 10%. La risposta per le istituzioni resta l'incenerimento, «una soluzione pigra per politici inefficienti che dovrebbero dare le dimissioni». Ne è convinto Paul Connet, docente di chimica generale e dell'ambiente alla St. Lawrence University di New York, che ieri ha incontrato a Napoli sindaci e professori universitari per spiegare le alternative e i danni provocati dagli inceneritori. Lunedì è stato ad Acerra, invitato dal comune e dal comitato contro l'inceneritore che da 100 giorni occupa lo spazio acquistato dalla Fibe per costruire il megaimpianto. A loro il professore, legato a una rete internazionale per la salvaguardia dell'ambiente - che ha visitato 49 stati negli Usa e 47 paesi nel mondo in nome della lotta per il «rifiuto come risorsa», ha detto che «sono i cittadini come voi in tutto il mondo a cambiare le cose, si tratti del Sud Africa, Corea, Filippine, Usa o Canada».<BR><BR><B>Professore, perché è contro l'incenerimento?</B><BR><BR>Anche se l'incenerimento potesse essere sicuro, e non lo è, non ha molto senso distruggere risorse che dovremmo salvaguardare per le generazioni future. Acerra sarà utilizzata come gabinetto di Napoli e sarà un grande spreco di soldi del contribuente. Denaro speso per comprare macchinari costosi sottratto a questa comunità, invece di essere impiegato per creare posti di lavoro.<BR><BR><B>Ma si tratta del più grande impianto in Europa, e risolverebbe molti problemi.</B><BR><BR>Innanzitutto va spiegato che più gli impianti sono buoni, più sono inquinanti. Basti pensare che ogni tre tonnellate di rifiuti bruciati corrisponde una tonnellata di ceneri, per il 90% classificate come ceneri di fondo e per il 10% come volanti. Più i sistemi di emissione sono efficienti, più trattengono le tossine che si depositano nelle ceneri volanti. Abbiamo osservato inoltre visitando molti siti, ed è troppo frequente per essere una coincidenza, problemi respiratori nelle popolazioni locali. A livello scientifico ho calcolato poi quanta diossina entra nella catena alimentare e ho scoperto che in un litro di latte di mucca c'è tanta diossina quanta respirando la stessa aria dell'animale per otto mesi. L'impatto ambientale dove ci sono i terreni agricoli, come nel caso Acerra, è più terribile che se si costruisse l'inceneritore in un centro cittadino.<BR><BR><B>Qual è il «perimetro di sicurezza»?</B><BR><BR>L'impatto maggiore è per due chilometri, ma i materiali tossici cadono oltre questa distanza. Quindi se le zone agricole si estendono per chilometri l'aria è più diluita, ma viene raccolta da un numero maggiore di animali.<BR><BR><B>Allora qual è l'alternativa?</B><BR><BR>Responsabilizzare le comunità sulla raccolta differenziata, portando in discarica solo materiali selezionati e quello che resta spiegare alle industrie, che se non si può riciclare non devono fabbricarlo. Ci vuole anche una maggiore coscienza nella progettazione industriale e per questo servono buoni leader. Quando si costruiscono inceneritori dove si è arrivati al 10% della raccolta differenziata significa che i politici sono inadeguati.<BR><BR><B>E ora che fare dei rifiuti a Napoli?</B><BR><BR>Ci vuole un'operazione di stabilizzazione sporca. Probabilmente con una digestione anaerobica per stabilizzarli e poi portarli comunque in discarica. Quindi far partire il riciclaggio. Il 50% dei comuni della Nuova Zelanda hanno adottato la strategia dello zero per cento di rifiuti. A Canberra, in Australia, sono già arrivati al 63% di raccolta differenziata, l'intera provincia della Nuova Scozia ha ottenuto il 50% in soli 5 anni. E più di 60 città in California hanno raggiunto oltre il 50% in pochi anni. Ci sono già delle società in Europa che recuperano i materiali, distruggendo solo il 5% e riutilizzandone il 95%, e questo fa risparmiare alle stesse industrie milioni di dollari. E' una situazione vincente. Certo non si possono cambiare le cose in una notte, ma dobbiamo cominciare a muoverci nella situazione giusta. L'incenerimento va nella direzione opposta. In New Jersey volevano costruire 22 inceneritori, ne hanno attivati solo 5 e ora hanno un debito accumulato di 1,6 miliardi di dollari. L'Italia dovrebbe imparare dagli errori degli Usa.</FONT><BR></DIV></SPAN></SPAN><BR><BR>francoppoli@???<p><br><hr size=1><A HREF="http://it.yahoo.com/mail_it/foot/?http://it.mail.yahoo.com/"><b>Yahoo! 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