Cavoli, adesso che ci penso, hai ragione, la guerra è giusta , anzi ce ne
vorebbe una anche in Italia, ma per liberarci per sempre di Berluska e soci.
Dirò di più, a vederla come la pazza (Oriana Fallaci) non c'è niente di male
se muore tanta gente, l'importante è che nessuno le faccia del male in modo
che lei possa continuare ad essere pagata profumatamente per scrivere le sue
vaccate!!!
E dire che a noi non ci paga nessuno...
VAMPIRE SHADOW - FRANZ
----- Original Message -----
From: "Jonny Stecchino" <alfaomega60@???>
To: <cerchio@???>
Sent: Friday, March 14, 2003 5:27 PM
Subject: [Cerchio] Avanti popolo!
> Ed allora! sempre qui a scrivere e scrivere e scrivere
> e a parlarvi addosso, a parlare di voi e su voi
> stessi. Fighetti! un po' snob e molto di sinistra
> anche se il popolo, diciamocelo, vi fa un po' schifo!
> Sembrate la compagnia fantasma del GRANDE FRATELLO
> televisivo. Siete in vista e siete sempre voi stessi:
> Mai nessuno che se ne va a fare in culo una volta per
> tutte.
> Pazienza!
> Ma a proposito ho una chicca per voi.
> Figli del Popolo! Legite et Discete!
>
> Guerra in Iraq: «E il mio dilemma rimane. Tormentoso,
> assillante»
> La rabbia, l'orgoglio, e il dubbio
> di Oriana Fallaci
>
> Per evitare il dilemma, risparmiarmi la dolorosa
> domanda «questa-guerra-deve-essere-fatta-o-no», per
> superare le riserve e le riluttanze e i dubbi che
> ancora mi straziano, spesso dico a me stessa: «Ah, se
> gli iracheni si liberassero da soli di Saddam Hussein!
> Ah, se qualche Ahmed o Abdul lo liquidasse e lo
> appendesse pei piedi in qualche piazza come nel 1945
> gli italiani fecero con Mussolini!». Ma non serve. O
> serve in un senso e basta.
>
> Nel 1945, infatti, gli italiani si liberarono di
> Mussolini perché gli Alleati avevano occupato tre
> quarti dell'Italia. Quindi reso possibile
> l'insurrezione del Nord. In parole diverse, perché la
> guerra l'avevano fatta. Una guerra senza la quale
> Mussolini ce lo saremmo tenuti vita natural durante.
> (Hitler, lo stesso). Una guerra durante la quale gli
> Alleati ci avevano bombardato senza pietà ed eravamo
> morti come le mosche. Loro, idem. A Salerno, ad Anzio,
> a Cassino. Nell'avanzata verso Firenze, sulla Linea
> Gotica. La tremenda Linea Gotica che i tedeschi
> avevano opposto dal Tirreno all'Adriatico.
>
> In meno di due anni, 45.806 morti americani e 17.500
> tra inglesi, canadesi, australiani, neozelandesi,
> sudafricani, indiani, brasiliani, polacchi. Nonché
> francesi che avevano scelto De Gaulle e italiani che
> avevano scelto la Quinta o l'Ottava Armata. (Sai
> quanti cimiteri di militari alleati ci sono in Italia?
> Oltre centotrenta. E i più grossi, i più affollati,
> sono proprio quelli americani. Soltanto a Nettuno,
> 10.950 tombe. Soltanto a Falciani, presso Firenze,
> 5.811... Ogni volta che ci passo davanti e vedo quel
> lago di croci, rabbrividisco di dolore e di
> gratitudine).
>
> C'era anche un Fronte di Liberazione Nazionale, in
> Italia. Una Resistenza che gli Alleati rifornivano di
> armi e di munizioni. Poiché malgrado la tenera età mi
> occupavo della faccenda, ricordo perfettamente il
> Dakota che sfidando la contraerea ce le paracadutava
> in Toscana. Per l'esattezza, sul Monte Giovi dove per
> farci localizzare accendevamo i fuochi e dove una
> notte paracadutarono anche un commando che aveva il
> compito di allestire una radio clandestina detta Radio
> Cora. Dieci simpaticissimi americani che parlavano
> ottimo italiano. E che tre mesi dopo furono catturati
> dalle SS, torturati in modo selvaggio, fucilati
> insieme alla partigiana Anna Maria Enriquez-Agnoletti.
> Così il dilemma rimane. Tormentoso, assillante.
> Rimane per i motivi che mi accingo ad esporre. E il
> primo motivo è che, contrariamente ai pacifisti che
> non berciano mai contro Saddam Hussein o Bin Laden e
> se la pigliano solo con Bush o con Blair, (ma nel
> corteo di Roma se la son presa pure con me, a quanto
> pare augurandomi di scoppiare in mille pezzi col
> prossimo shuttle), la guerra io la conosco. So bene
> che cosa significa vivere nel terrore, correre sotto
> le cannonate o le bombe da mille chili, veder morire
> la gente ed esplodere le case, crepare di fame, non
> aver nemmeno l'acqua da bere. E, peggio ancora,
> sentirsi responsabile per la morte di un altro essere
> umano. (Anche se quell'essere umano è un nemico, ad
> esempio un fascista o un soldato tedesco). Lo so
> perché appartengo, appunto, alla generazione della
> Seconda Guerra Mondiale. E perché gran parte della mia
> vita sono stata corrispondente di guerra. Non uno di
> quelli che stanno in albergo: uno di quelli che al
> fronte ci vanno davvero.
>
> Ergo, dal Vietnam in poi ho visto orrori che chi
> conosce la guerra soltanto attraverso la TV o i film
> dove il sangue è salsa di pomodoro non immagina
> nemmeno. E la guerra la odio quanto i pacifisti in
> buona o cattiva fede non la odieranno mai. La odio
> tanto che ogni mio libro trabocca di quell'odio. La
> odio tanto che perfino i fucili da caccia mi danno
> fastidio e lo stupido schioppettare dei cacciatori
> estivi mi fa salire il sangue al cervello. Però non
> accetto il fariseo principio anzi slogan di coloro che
> dicono: «Tutte le guerre sono ingiuste, tutte le
> guerre sono illegittime». La guerra contro Hitler e
> Mussolini era una guerra giusta, perbacco. Una guerra
> legittima. Anzi, doverosa. Le guerre risorgimentali
> che i miei nonni fecero nell'Ottocento per cacciare lo
> straniero invasore erano guerre giuste, perbacco.
> Guerre legittime. Anzi, doverose. E la Guerra
> d'Indipendenza che i coloni americani fecero contro
> l'Inghilterra, lo stesso. Le guerre (o le rivoluzioni)
> che avvengono per ritrovare la dignità, la libertà,
> idem. Io non credo nelle disinvolte assoluzioni, nelle
> comode pacificazioni, nel perdono facile. E ancor meno
> credo nello sfruttamento della parola Pace, nel
> ricatto della parola Pace. Quando in nome della pace
> si cede alla prepotenza, alla violenza, alla tirannia,
> quando in nome della pace ci si rassegna alla paura,
> si rinuncia alla dignità e alla libertà, la pace non è
> più pace. E' suicidio.
>
> Il secondo motivo è che, se giusta come spero e
> legittima come mi auguro, questa guerra non dovrebbe
> svolgersi ora. Avrebbe dovuto svolgersi un anno fa.
> Vale a dire quando le rovine delle Due Torri erano
> fumanti, e tutto il mondo civile si sentiva americano.
> Se si fosse svolta allora, oggi i simpatizzanti di Bin
> Laden e di Saddam Hussein non riempirebbero le piazze
> col loro pacifismo a senso unico. Le star di Hollywood
> non si esibirebbero nel ruolo (per loro grottesco) di
> capi-popolo. E l'ambigua Turchia che sta rimettendo il
> velo alle donne non rifiuterebbe il passaggio ai
> Marines diretti al fronte del Nord. Nonostante le
> cicale europee che insieme ai palestinesi ghignavano
> «Bene-agli-americani-gli-sta-bene», un anno fa nessuno
> negava che gli Stati Uniti avessero sofferto una
> seconda Pearl Harbor e che di conseguenza gli
> spettasse il diritto di reagire. Meglio: se giusta
> come spero, legittima come mi auguro, questa è una
> guerra che avrebbe dovuto svolgersi ancor prima. Cioè
> quando Clinton era presidente e le piccole Pearl
> Harbor scoppiavano nel resto del mondo. In Somalia, ad
> esempio, dove i Marines in missione di pace venivano
> trucidati e mutilati poi dati in pasto alla folla
> impazzita. In Kenia, nello Yemen, e via dicendo.
>
> L'11 settembre non è stato che la brutale conferma
> d'una realtà ormai fossilizzata. L'indiscutibile
> diagnosi del medico che ti sventola sul naso la
> radiografia e senza complimenti dice: «Caro signore,
> cara signora, Lei ha davvero il cancro». Se Clinton
> avesse speso meno tempo con le ragazze prosperose, se
> avesse usato in modo più responsabile la Stanza Ovale,
> forse l'11 settembre non sarebbe avvenuto. È inutile
> aggiungere che, ancor meno, l'11 settembre sarebbe
> avvenuto se George Bush Senior avesse eliminato Saddam
> Hussein con la Guerra del Golfo. Rammenti? Nel 1991
> l'esercito iracheno si sgonfiò come un pallone bucato.
> Si disintegrò così velocemente che perfino io catturai
> quattro dei suoi soldati. Stavo dietro una duna del
> deserto saudita, sola sola e indifesa, quando quattro
> scheletri scalzi e laceri vennero verso di me con le
> braccia alzate. «Bush!» bisbigliarono in tono
> supplichevole. «Bush!». Parola che per loro
> significava: «Ho tanta fame, tanta sete. Fammi
> prigioniero, per carità». Io li presi, li consegnai al
> tenente in carica, e invece di congratularsi questo
> brontolò: «Uffa! ne abbiamo già cinquantamila. Glielo
> dà lei da mangiare e da bere?». Eppure gli americani
> non raggiunsero Bagdad. George Bush Senior non lo
> rimosse, Saddam.
> («Il-mandato-delle-Nazioni-Unite-era-liberare-il-Kuwait-e-ba
> sta). E, per ringraziarlo, Saddam tentò di farlo
> assassinare. Infatti a volte mi chiedo se questa
> guerra tardiva non sia anche una rappresaglia
> pazientemente attesa. Una promessa filiale, una
> vendetta da tragedia shakespeariana anzi greca.
>
> Il terzo motivo è il modo sbagliato in cui l'ipotetica
> promessa al babbo s'è realizzata. Chi oserebbe
> confutarlo? Dall'11 settembre agli inizi dello scorso
> autunno tutta l'enfasi si concentrò su Bin Laden, su
> Al Qaida, sull'Afghanistan. Saddam Hussein e l'Iraq
> furono praticamente ignorati. E solo quando diventò
> chiaro che Bin Laden godeva un'eccellente salute
> perché l'impegno di prenderlo vivo o morto era
> fallito, Bush e Powell si ricordarono del suo rivale.
> Ci dissero che Saddam Hussein era cattivo, che
> tagliava la lingua e gli orecchi agli avversari, che
> uccideva i loro bambini dinanzi ai loro occhi. (Vero).
> Che decapitava le prostitute poi esibiva in piazza le
> loro teste. (Vero). Che le sue prigioni straripavano
> di detenuti politici chiusi in celle piccole come
> bare, che gli esperimenti chimici e biologici li
> eseguiva con particolare diletto su tali vittime.
> (Vero). Che aveva legami con Al Qaida e finanziava il
> terrorismo, premiava le famiglie dei kamikaze
> palestinesi con 25.000 dollari a famiglia. (Vero).
> Infine, che non aveva mai rinunciato al suo arsenale
> di armi letali sicché le Nazioni Unite dovevano
> rimandare gli ispettori in Iraq.
>
> D'accordo, ma siamo seri: se negli anni Trenta
> l'inefficiente Lega delle Nazioni avesse mandato i
> suoi ispettori in Germania, credi che Hitler gli
> avrebbe mostrato Peenemünde dove Von Braun fabbricava
> i V1 e i V2 per polverizzare Londra? Credi che gli
> avrebbe mostrato i campi di Dachau e Mauthausen, di
> Auschwitz e di Buchenwald? Malgrado ciò, la commedia
> degli ispettori venne riesumata e con tale intensità
> che il ruolo di primadonna è passato da Bin Laden a
> Saddam Hussein. E nemmeno l'arresto di Khalid
> Muhammed, l'architetto dell'11 settembre, ha sollevato
> un congruo giubilo. La notizia che Bin Laden sia stato
> localizzato nel Pakistan Settentrionale e rischi di
> fare la medesima fine, lo stesso. Una commedia
> inzuppata di miserie, oltretutto. Di vili doppi giochi
> anzi complicità da parte degli ispettori. Di strategie
> sconsiderate da parte di Bush che tenendo il piede in
> due staffe chiedeva al Consiglio di Sicurezza il
> permesso di muover guerra e contemporaneamente inviava
> le truppe ai confini con l'Iraq. In meno di due mesi,
> un quarto di milione di truppe. Con quelle inglesi e
> australiane, oltre trecentomila. E questo senza capire
> che i nemici dell'America (ma dovrei dire
> dell'Occidente) non stanno solo a Bagdad.
>
> Stanno anche in Europa, signor Bush. Stanno a Parigi
> dove il mellifluo Chirac se ne frega della pace ma
> sogna di soddisfare la sua vanità col Prix Nobel de la
> Paix. Dove nessuno ha voglia di rimuovere Saddam
> perché Saddam è il petrolio che le compagnie
> petrolifere francesi pompano dal suo Iraq. E dove,
> dimenticando il piccolo neo chiamato Pétain, la
> Francia insegue la napoleonica pretesa di dominare
> l'Unione Europea. Assumerne l'egemonia. Stanno a
> Berlino dove il partito del mediocre Schröder ha vinto
> le elezioni paragonandoLa al loro Hitler. Dove le
> bandiere americane vengono insozzate con la svastica
> simbolo della Germania nazista. E dove, nel miraggio
> di sostener nuovamente la parte dei padroni, i
> tedeschi vanno a braccetto coi francesi. Stanno a Roma
> dove i comunisti sono usciti dalla porta per rientrare
> dalla finestra come gli uccelli dell'omonimo film di
> Hitchcock. Dove i preti cattolici sono più bolscevichi
> di loro. E dove affliggendo il prossimo col suo
> ecumenismo, il suo terzomondismo, il suo
> fondamentalismo, Karol Wojtyla riceve Aziz come se
> fosse una colomba col ramoscello d'olivo in bocca o un
> martire in procinto d'esser divorato dai leoni del
> Colosseo. (Poi lo manda ad Assisi dove i frati lo
> scortano fino alla tomba di San Francesco, povero San
> Francesco). Negli altri paesi europei, idem o giù di
> lì. Non L'hanno ancora informata i Suoi ambasciatori?
> In Europa i nemici degli Stati Uniti stanno
> dappertutto, signor Bush. Ciò che Lei chiama
> garbatamente «differenze-d'opinione» è odio puro. Un
> odio simile a quello che l'Unione Sovietica esibiva
> fino alla Caduta del Muro. Il loro pacifismo è
> sinonimo di antiamericanismo e, accompagnato da una
> cupa rinascita di antisemitismo, trionfa quanto in
> Islam.
>
> Sa perché? Perché l'Europa non è più l'Europa. È
> diventata una provincia dell'Islam come la Spagna e il
> Portogallo al tempo dei Mori. Ospita sedici milioni di
> immigrati musulmani, cioè il triplo di quelli che
> stanno in America. (E l'America è tre volte più grande
> dell'Europa). Rigurgita di mullah, di ayatollah, di
> imam, di moschee, di turbanti, di barbe, di burqa, di
> chador, e guai a protestare. Nasconde migliaia di
> terroristi che i nostri governi non riescono né a
> controllare né ad identificare. Ergo la gente ha paura
> e sventolando la bandiera del pacifismo,
> pacifismo-uguale-antiamericanismo, si sente protetta.
> Quasi ciò non bastasse, l'Europa li ha dimenticati i
> 221.484 americani morti per lei nella Seconda guerra
> mondiale... Dei loro cimiteri in Normandia, nelle
> Ardenne, nei Vosgi, nella vallata del Reno, in Belgio,
> in Olanda, in Lussemburgo, in Lorena, in Danimarca, in
> Italia, non gliene importa un bel nulla. Anziché
> gratitudine l'Europa prova invidia, gelosia, livore e
> nessuna nazione europea appoggerà questa guerra,
> signor Bush. Nemmeno quelle veramente alleate come la
> Spagna o rette da tipi che come Berlusconi La chiamano
> «il mio amico George».
>
> In Europa lei ha un amico e basta, un alleato e basta:
> Tony Blair. Però anche Blair regge un Paese invaso dai
> Mori e verso gli Stati Uniti pieno di invidia,
> gelosia, livore. Persino il suo partito lo rimbecca,
> lo osteggia. E a proposito: devo chiederLe scusa,
> signor Blair. Devo in quanto nel mio libro «La rabbia
> e l'orgoglio» sono stata ingiusta con lei. Sviata dal
> suo eccesso di cortesia nei riguardi della cultura
> islamica ho scritto che era una cicala tra le cicale,
> che il Suo coraggio non sarebbe durato a lungo, che
> appena non fosse più servito alla Sua carriera
> politica lo avrebbe messo da parte. Invece quella
> carriera politica la sta sacrificando alle proprie
> convinzioni. Con coerenza impeccabile. Davvero mi
> scuso e ritiro anche la brutta frase che aggravava
> l'ingiustizia: «Se la nostra cultura ha lo stesso
> valore d'una cultura che costringe a portare il burqa,
> perché passa le vacanze nella mia Toscana e non in
> Arabia Saudita o in Afghanistan?». E Le dico: «Ci
> venga quando vuole. La mia Toscana è la Sua Toscana, e
> la mia casa è la Sua casa. My home is your home».
> Il motivo finale del mio dilemma sta nei termini con
> cui Bush e Blair e i loro consiglieri definiscono
> questa guerra. «Una guerra di liberazione, una guerra
> umanitaria per portare la libertà e la democrazia in
> Iraq». Eh no, cari signori, no. L'umanitarismo non ha
> niente a che fare con le guerre. Tutte le guerre,
> anche quelle giuste, anche quelle legittime, sono
> morte e sfacelo e atrocità e lacrime. E questa non è
> una guerra di liberazione. (Non è neanche una guerra
> di petrolio, sia chiaro, come molti sostengono.
> Contrariamente ai francesi, gli americani non hanno
> bisogno del petrolio iracheno). È una guerra politica.
> Una guerra fatta a sangue freddo per rispondere alla
> Guerra Santa che i nemici dell'Occidente hanno
> dichiarato l'11 settembre. È una guerra profilattica.
> Un vaccino come il vaccino contro la poliomelite e il
> vaiolo, un intervento chirurgico che s'abbatte su
> Saddam Hussein perché tra i vari focolai di cancro
> Saddam Hussein appare il più ovvio. Il più evidente,
> il più pericoloso.
>
> Inoltre Saddam costituisce l'ostacolo, (pensano Bush e
> Blair e i loro consiglieri), che una volta rimosso gli
> permetterà di ridisegnare la mappa del Medio Oriente.
> Insomma far quello che gli inglesi e i francesi fecero
> dopo il crollo dell'impero ottomano. Ridisegnarla e
> diffondere una Pax Romana, pardon, una Pax Americana
> dove regni la Libertà e la Democrazia. Dove nessuno
> dia più fastidio con gli attentati e le stragi. Dove
> tutti possano prosperare, vivere felici e contenti.
> Sciocchezze. La libertà non può essere data in regalo
> come un pezzo di cioccolata, e la democrazia non può
> essere imposta con gli eserciti. Come diceva mio padre
> quando invitava gli antifascisti ad entrare nella
> Resistenza, e come dico io quando parlo con coloro che
> credono onestamente nella Pax Americana, la libertà
> bisogna conquistarcela da soli. La democrazia nasce
> dalla civiltà, e in entrambi i casi bisogna sapere di
> cosa si tratta. La Seconda guerra mondiale fu una
> guerra di liberazione non perché regalò all'Europa i
> due pezzi di cioccolata cioè due novità chiamate
> Libertà e Democrazia, ma perché le ristabilì. E le
> ristabilì perché gli europei le avevano perdute con
> Hitler e Mussolini. Perché le conoscevano bene,
> sapevano di che si tratta.
>
> I giapponesi no. Ne convengo. Per i giapponesi i due
> pezzi di cioccolata furono un regalo che li
> rimborsava, oltretutto, di Hiroshima e Nagasaki. Però
> il Giappone aveva già iniziato la sua marcia verso il
> progresso, e non apparteneva al mondo che ne «La
> Rabbia e l'Orgoglio» chiamo La Montagna. Una montagna
> che da 1.400 anni non si muove, non cambia, non emerge
> dagli abissi della sua cecità. Insomma, l'Islam. I
> moderni concetti di libertà e di democrazia sono del
> tutto estranei al tessuto ideologico dell'Islam, del
> tutto opposti al dispotismo e alla tirannia dei suoi
> Stati teocratici. In quel tessuto ideologico è Dio che
> comanda, è Dio che decide il destino degli uomini, e
> di quel Dio gli uomini non sono figli bensì sudditi,
> schiavi. Insciallah-Come Dio Vuole-Insciallah. Ergo
> nel Corano non v'è posto per il libero arbitrio, per
> la scelta, cioè per la libertà. Non v'è posto per un
> regime che almeno giuridicamente è basato
> sull'uguaglianza, sul voto, sul suffragio universale,
> cioè per la democrazia. Infatti quei due moderni
> concetti i musulmani non li capiscono. Li rifiutano e
> invadendoci, conquistandoci, vogliono cancellarli
> anche dalla nostra vita.
>
> Sorretti dal loro caparbio ottimismo, lo stesso
> ottimismo con cui a Fort Alamo combatterono con tanto
> eroismo e finirono tutti massacrati dal generale Santa
> Ana, gli americani sono certi che a Bagdad verranno
> accolti come a Roma e a Firenze e a Parigi. «Ci
> applaudiranno, ci getteranno fiori» mi ha detto tutto
> contento una testa d'uovo di Washington. Forse. A
> Bagdad può succedere di tutto. Ma dopo? Che succederà
> dopo? Oltre due terzi degli iracheni che nelle ultime
> «elezioni» hanno dato il cento per cento dei voti a
> Saddam sono sciiti che da sempre vagheggiano di
> stabilire la Repubblica islamica dell'Iraq. E negli
> anni Ottanta anche i sovietici vennero accolti bene a
> Kabul. Anche i sovietici imposero la loro pax con
> l'esercito. Convinsero addirittura le donne a
> togliersi il burqa: rammenti? Però dieci anni dopo
> dovettero andarsene, cedere il passo ai Talebani.
> Domanda: e se, invece di scoprire la libertà, l'Iraq
> diventasse un secondo Afghanistan? E se, invece di
> imparare la democrazia, l'intero Medio Oriente
> saltasse in aria o il cancro si moltiplicasse? Di
> paese in paese, con una specie di reazione a catena...
> Da occidentale fiera della sua civiltà e quindi decisa
> a difenderla fino all'ultimo fiato, senza riserve
> dovrei in tal caso unirmi a Bush e a Blair
> asserragliati dentro una nuova Fort Alamo. Senza
> riluttanze dovrei in tal caso combattere e morire con
> loro.
> Il che è l'unica cosa sulla quale non ho il minimo
> dubbio.
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