...e vi spedisco quest'altro bell'articolo (questo finalmente bello sul
serio, per quanto mi riguarda ovviamente) scaricato da
http://www.freecamenisch.net/archivio/greenanarchy/guerrasociale.html
chè in questo momento in cui i temi di pacifismo e militarismo sono sulla
bocca di tutti per via dell'imminente intervento in iraq, può essere carino
e utile leggerselo, soprattutto per gli amanti della bandiera arcobaleno,
che mi ha già triturato la milza se devo dire la verità. ciao e buonanotte
bebe
piss&love
Guerra sociale con altri mezzi
Credo fosse Clausewitz a dire che la guerra è semplicemente politica portata
avanti con altri mezzi. Credo che il contrario sia un'espressione più
veritiera della realtà sociale. La politica è semplicemente guerra sociale
portata avanti adoperando mezzi meno sanguinosi. Se consideriamo che è
sempre la classe dirigente e i suoi leccapiedi a invocare la pace sociale,
pretendendo che gli sfruttati e gli emarginati si astengano dalla violenza
contrattando le loro condizioni sociali, diventa ovvio che la pace sociale
fa semplicemente parte della strategia di guerra sociale. Per queste ragioni
il movimento pacifista deve essere rifiutato in quanto strumento per
trattare con l'attuale richiamo americano alla guerra.
Il movimento pacifista è basato su di una ideologia della non-violenza, su
di una posizione morale pacifista che ignora la realtà delle relazioni
sociali. Invece di esaminare i reali rapporti di potere, dominio e
sfruttamento, chiede semplicemente che lo Stato continui ad eseguire le sue
funzioni, ma senza violenza né spargimenti di sangue. Ma quali sono queste
funzioni? Non sono quelle del mantenimento dell'ordine, della protezione
della proprietà, del rafforzamento (selettivo, ovvio) dell'azione della
legge? E un'attività del genere può essere necessaria solo se ci sono
persone che pensano che questo ordine sociale non soddisfi le loro esigenze
e i loro bisogni, non offra loro la vita che desiderano, ma li metta nella
condizione di dover scegliere tra l'accettazione rassegnata di condizioni
spesso intollerabili oppure la resistenza alle autorità e la lotta costante
con lo spirito e con le armi contro il mondo dominante. Ma non sono stati
questi esclusi a dare inizio a questa guerra sociale. La classe dirigente ha
sempre usato la violenza del terrore della violenza e la violenza per
rivendicare il diritto sulle vite di tutti noi. Se i regimi democratici si
sono dati da fare per creare un metodo più sofisticato di dominio della
partecipazione, questo non cambia il fatto che dietro le schede elettorali
ci sono sempre i proiettili per garantire il mantenimento della pace
sociale, che è perciò chiaramente la faccia pubblica della guerra
sociale che tiene molti di noi passivamente al loro posto. Dicendosi
addirittura contenti di questa obbedienza chiamata libertà. Così, sia che
gli Stati continuino le loro attività in modo pacifico o attraverso una
violenza spudorata, viene portata avanti la politica della guerra sociale
che ci tiene sottomessi e al nostro posto.
Alla luce di tutto questo, le proteste pacifiche diventano delle farse. È
ovvio che la richiesta che lo Stato americano e gli altri Stati del mondo
portino avanti la loro "guerra contro il terrorismo" si basa sull'assunto
che lo Stato debba in effetti esistere e che la violenza insita nell'attuale
ordine sociale debba quindi continuare - quella violenza che uccide milioni
di persone ogni giorno con la fame in Africa e in molti altri posti, con
l'inquinamento e i cibi adulterati, gli incidenti sul lavoro, con nuove
malattie sempre più aggressive, con la desolazione spirituale della cultura
mercantile o con i proiettili dei cani da guardia in divisa. La "guerra
contro il terrorismo" in corso non è che la continuazione della quotidiana
politica del terrore a basso livello utilizzato dallo Stato per mantenerci
in riga. Non c'è grande differenza se lo Stato usi mezzi più o meno
sanguinari. Il risultato è lo stesso: le nostre vite non ci appartengono e
prima o poi moriamo senza aver davvero e pienamente vissuto. Un'opposizione
alla guerra in atto può avere senso solo come opposizione all'intero ordine
sociale dalla quale scaturisce. Tale opposizione non può nascere da un
movimento orientato alla non-violenza. Il pacifismo in ultima analisi serve
allo Stato e al suo fine di renderci ciechi sulla sua natura. Contro la
violenza del terrorismo, la violenza della guerra, la violenza dello Stato,
è necessario imbracciare la violenza rivoluzionaria - la completa
sovversione di tutti i rapporti che mantengono la violenza istituzionale di
chi ci comanda. Non vogliamo né la loro guerra né la loro pace, ma la loro
distruzione.
CONTRO IL PACIFISMO
CONTRO IL MILITARISMO
CONTRO IL TERRORISMO
CONTRO LO STATO