[RSF] Resoconto Galtung a Firenze sulla Guerra

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Author: Luigi Pirelli
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Subject: [RSF] Resoconto Galtung a Firenze sulla Guerra
Estratto da:

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac@???

Numero 487 del 25 gennaio 2003

Sommario di questo numero:
5. Alberto L'Abate, una lezione di Johan Galtung a Firenze
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5. CULTURA DELLA PACE. ALBERTO L'ABATE: UNA LEZIONE DI JOHAN GALTUNG A
FIRENZE
[Ringraziamo Alberto L'Abate (per contatti: labate@???) per questo
scritto che riferisce della lezione inaugurale dell'anno accademico
2002/2003 del Corso di laurea triennale in "Operatori per la pace"
dell'Universita' di Firenze, tenuta da Johan Galtung.
Alberto L'Abate e' nato a Brindisi nel 1931, docente universitario, amico di
Aldo Capitini, e' impegnato nel Movimento Nonviolento, nella Peace Research,
nell'attivita' di addestramento alla nonviolenza, nelle attivita' della
diplomazia non ufficiale per prevenire i conflitti; ha collaborato alle
iniziative di Danilo Dolci e preso parte a numerose iniziative nonviolente;
come ricercatore e programmatore socio-sanitario e' stato anche un esperto
dell'Onu, del Consiglio d'Europa e dell'Organizzazione Mondiale della
Sanita'; ha promosso e condotto l'esperienza dell'ambasciata di pace a
Pristina, ed e' impegnato nella "Campagna Kossovo per la nonviolenza e la
riconciliazione". E' portavoce dei "Berretti Bianchi". Tra le opere di
Alberto L'Abate: segnaliamo almeno Addestramento alla nonviolenza,
Satyagraha, Torino 1985; Consenso, conflitto e mutamento sociale, Angeli,
Milano 1990; Prevenire la guerra nel Kossovo, La Meridiana, Molfetta 1997;
Kossovo: una guerra annunciata, La Meridiana, Molfetta 1999; Giovani e pace,
Pangea, Torino 2001.
Johan Galtung e' nato in Norvegia nel 1930, fondatore e primo direttore
dell'Istituto di ricerca per la pace di Oslo, docente, consulente dell'Onu,
e' a livello mondiale il più noto studioso di peace research; tra le molte
opere di Johan Galtung segnaliamo almeno le seguenti: Ambiente, sviluppo e
attivita' militare; Ci sono alternative; Gandhi oggi; Buddhismo. Una via per
la pace; tutti presso le Edizioni Gruppo Abele, Torino; Sulla educazione
alla pace, Quaderni degli Insegnanti Nonviolenti, Torino; Palestina-Israele:
una soluzione nonviolenta?, Sonda, Torino; I diritti umani, Esperia, Milano]
Il 15 gennaio 2003, nel prestigioso Salone dei Duecento del Comune di
Firenze, il professor Johan Galtung ha tenuto la lezione inaugurale del
secondo anno accademico del corso di laurea in "Operatori per la pace".
Galtung e' uno dei piu' noti "ricercatori per la pace" del mondo, autore del
primo manuale delle Nazioni Unite per la trasformazione nonviolenta dei
conflitti, e direttore di "Transcend", una organizzazione che riunisce i
piu' importanti ricercatori ed operatori per la pace internazionali.
Davanti ad una sala gremita ed attenta, su invito del Corso suddetto e della
Commissione Pace del Comune di Firenze, il professor Galtung ha sviluppato
il tema: "Ricerca per la pace e lotta al terrorismo".
*
In sintesi, ed utilizzando anche (in attesa della trascrizione della
registrazione della sua relazione) due saggi su questo tema pubblicati nei
numeri 1 e 2 dalla rivista "Satyagraha" del Centro Gandhi di Pisa, possiamo
dire che le principali argomentazioni sviluppate da Galtung sono state le
seguenti.
Per gli studiosi ed i ricercatori per la pace l'11 settembre 2001 con
l'attacco, in particolare, alle torri di New York, non e' stato un fatto
inatteso. L'unico aspetto inatteso e' stato il metodo usato. Infatti il
terrorismo, cui Galtung assimila anche certi metodi di lotta utilizzati da
molti Stati, e' passato dall'uso delle "bombe ma senza aerei", agli "aerei
con bombe", infine all'uso, in quella circostanza, degli "aerei come bombe".
Ma sui fatti dell'11 settembre Galtung ha sostenuto che la meraviglia e'
stata semmai quella che non siano avvenuti prima. Egli infatti, facendo
riferimento agli studi di alcuni ricercatori statunitensi, fa notare come
gli Stati Uniti siano stati impegnati, dal 1945 ad oggi, in 67 conflitti
globali.
Scrive Galtung: 'Non si possono negare alcuni validi moventi. Ma ci
rifiutiamo di credere che la violenza fosse l'unica possibilita' cui
ricorrere" ("Satyagraha", n.1, p. 45). In alcuni di questi (35 casi) gli Usa
hanno fatto ricorso anche ad "assassinii, tentati o riusciti, di
personalita', inclusi capi di stato" (Ibid., p.46); in 11 paesi
"all'assistenza alla pratica della tortura" (ibid.); in 23 paesi "alla
falsificazione delle elezioni, interferendo nei processi democratici"
(ibid.).
Scrive Galtung, a proposito di questi interventi degli Usa: "Tornando ai
moventi dietro questa gigantesca violenza diretta: si puo' dire che
praticamente tutto e' compatibile con l'ipotesi che la violenza diretta
degli Usa, aperta o nascosta dietro la Cia, sia diretta contro qualsiasi
cosa possa essere percepita come ostile agli interessi statunitensi
all'estero" (ibid. p. 47). Calcoli di dissidenti della Cia danno a 6 milioni
i morti per operazioni segrete americane dopo la seconda guerra mondiale.
Altri 6 milioni di morti (soprattutto in Corea, Vietnam, ed Indonesia,
nell'Asia Orientale) sarebbero il risultato della violenza diretta, aperta,
e molto maggiori (circa 100.000 al giorno) quelli dovuti alla violenza
strutturale (a causa della miseria e malnutrizione derivanti dalla
monetizzazione di tutta l'economia nel mondo, ed all'impoverimento dei ceti
marginali a questa collegata).
Secondo Galtung tutti questi morti hanno accumulato una dose elevatissima di
odio verso gli Usa che prima o poi avrebbe dovuto esplodere, come e'
avvenuto nei fatti dell'11 Settembre.
*
Passando ad analizzare la guerra che Bush sta preparando contro l'Iraq egli
ritiene che c'e' una grossa probabilita' (lui parla di circa l'85%) che
questa venga portata avanti anche senza che gli ispettori Onu trovino una
dimostrazione concreta della presenza di armi chimiche, batteriologiche, o
nucleari in quel paese. Pensa infatti che sia possibile che, dopo
l'intervento, gli Usa trovino (portandole loro stessi) armi di quel genere
in qualche zona del territorio iracheno, a conferma, a posteriori, della
giustezza del loro intervento.
E da' un giudizio estremamente preciso della "illegalita'" di questa guerra.
E' infatti vero che Saddam non ha rispettato almeno per 11 volte le
risoluzioni dell'Onu, ma per avere un aspetto anche minimo di legalita',
secondo questo studioso, la stessa richiesta avrebbe dovuto essere stata
fatta anche ad Israele, che non ha rispettato le risoluzioni dell'Onu almeno
tre volte tanto rispetto all'Iraq, e che possiede sicuramente quel tipo di
armi che si contestano agli iracheni. Ma le risoluzioni Onu contro Israele
non sono mai state applicate per il veto degli Usa.
Parlando poi delle cause reali per la guerra contro l'Iraq, Galtung parla di
almeno due cause concomitanti:
a) il carattere manicheo (tutto il bene da una parte e tutto il male
dall'altra) dei due fondamentalismi che si confrontano, rispecchiandosi
l'uno con l'altro, in questa cosiddetta guerra al terrorismo, da una parte
quello cristiano-ebraico di Bush e Sharon, dall'altra quello islamico, in
particolare della setta wahhabita;
b) la ricerca del controllo, diretto o indiretto, delle fonti del petrolio
di tutto il Medio Oriente, e non solo dell'Iraq. Infatti, secondo Galtung,
questa guerra non vuole colpire solo l'Iraq, ma mira al controllo di tutta
l'area, e tende a far cadere anche gli accordi per l'acquisto di petrolio
che, con questo paese, stanno facendo la Francia, la Russia e la Cina.
E Galtung conclude il suo intervento sulla guerra contro l'Iraq, che lui
ritiene molto probabile anche senza che si siano trovate prove reali di
quanto viene contestato a questo paese, proponendo, in tal caso, di
organizzare una resistenza nonviolenta con queste forme:
I) il boicottaggio dei prodotti statunitensi, in particolare delle compagnie
petrolifere da questi controllate;
II) aumentando il numero di scudi umani in quel paese. Attualmente ci sono
in Iraq, secondo le sue informazioni, circa 2.000 persone, soprattutto
statunitensi, che sono andate la' per cercare di evitare la guerra, un certo
numero dei quali sono dei familiari delle vittime dell'11 settembre che
sostengono che non si deve sfruttare la morte e la memoria dei loro cari per
fare una guerra per il petrolio. Secondo informazioni avute da Galtung la
presenza in Iraq di queste persone e' uno dei piu' grossi ostacoli, a detta
degli stessi militari statunitensi, al portare avanti il loro progetto di
guerra. Per questo ritiene che se questi aumentassero, anche con l'apporto
di altre persone dei paesi europei, arrivando a circa 100.000 persone, le
probabilita' di guerra diventerebbero molto minori;
III) Ma passando alle proposte in positivo, per eliminare la possibilita' di
guerra, egli propone che l'Europa faccia la richiesta di una Conferenza
dell'Onu, a cui gli Usa partecipino solo come osservatori, per trattare i
problemi di tutto il Medio Oriente che sono alla base di questo conflitto,
compreso il rapporto tra Israele e Palestina.
*
L'altro problema da lui affrontato e' appunto quella dell'attuale conflitto
armato tra Israele e Palestina.
Galtung ritiene che questa guerra non possa essere risolta solo tra questi
due paesi, perche' lo squilibrio tra di loro e' troppo grande: Israele con
uno dei piu' grandi apparati militari del mondo, la Palestina, povera e con
pochissime attrezzature militari. Egli paragona Israele ad un elefante e la
Palestina ad un topolino.
Per questo pensa che una possibile soluzione pacifica si potrebbe avere solo
da un riequilibrio dei rapporti, con un processo tipo quello che ha portato
alla nascita dell'Europa, mettendo insieme, con l'aiuto di questa come
mediatrice, Israele, la Siria, la Giordania, la Palestina, e forse anche
altri paesi, dando vita ad un processo di aggregazione che veda la nascita
di una comunita' politica in quella zona di cui facciano parte sia Israele
che alcuni dei paesi mussulmani in cui sono andati a vivere anche molti
palestinesi emigrati o espulsi.
La seconda possibile soluzione pacifica di questo conflitto e' quella
accennata prima, di una conferenza delle Nazioni Unite che prenda in analisi
tutti i problemi di quell'area, e porti avanti, se questa viene accettata
dalle parti, anche una soluzione politica tipo quella accennata prima.
*
Ma parlando della lotta al terrorismo Galtung ha concluso la sua relazione
ripetendo il discorso agli americani che egli immagina che il presidente
degli Stati Uniti abbia fatto ai suoi concittadini il giorno dopo l'11
settembre (presentato da Galtung alla Convenzione dell'American
Psychological Association - Chicago, 25 agosto 2002 - nel discorso di
accettazione del premio Morton Deutsch per la ricerca per la pace a lui
assegnato).
Eccolo: "Amici americani, l'attacco di ieri contro due edifici, che ha
ucciso migliaia di persone, e' stato atroce, totalmente inaccettabile. I
responsabili sono stati catturati e portati in Tribunale davanti ad una
apposita corte internazionale, dotata di un chiaro mandato delle Nazioni
Unite. Tuttavia il discorso di stasera va al di la' di questo. Sono giunto
alla conclusione che ci sono stati e ci sono gravi errori nella nostra
politica estera, per quanto questa fosse sostenuta da buone intenzioni. Noi
ci creiamo nemici a causa della nostra insensibilita' ai bisogni
fondamentali dei popoli in tutto il mondo, tra questi la sensibilita'
religiosa. Sono quindi giunto alla decisione che si intraprenderanno i passi
necessari per:
- ritirare le nostre basi militari dall'Arabia Saudita;
- riconoscere lo stato di Palestina, i dettagli saranno comunicati in
seguito;
- intraprendere un dialogo con l'Iraq per identificare i conflitti
risolvibili;
- accettare l'invito del Presidente Khatami di fare lo stesso con l'Iran;
- uscire militarmente ed economicamente dall'Afghanistan;
- arrestare i nostri interventi militari e riconciliarci con le vittime".
A commento di questo ipotetico discorso scrive Galtung: "La stessa sera un
miliardo e trecento milioni di mussulmani abbraccerebbero l'America; ed i
pochi terroristi rimasti sarebbero come pesci fuori dall'acqua. Il discorso
costerebbe una mezz'ora di lavoro per essere scritto e dieci minuti per
essere pronunciato; in confronto con, diciamo, sessanta miliardi di dollari
per l'operazione in Afghanistan (50 miliardi per quella in Jugoslavia nel
1999, piu' molti altri dopo) e cosi' via... Il problema e' che la violenza
su grande scala puo' produrre piu' minacce di quante ne elimini.
L'alternativa e' ...di abbandonare la dottrina militare offensiva, ed unirsi
al resto del mondo. I costi sono alti, i benefici anche maggiori"
("Satyagraha", n.2, pp. 41-42).
*
Gli argomenti trattati da Galtung sono stati anche altri, ma ci sembra che
questi siano stati i punti piu' importanti da lui affrontati.
Purtroppo l'impianto audio della sala non funzionava molto bene e molte
persone, specie ai lati della sala, non hanno potuto seguire bene tutto il
suo intervento.
Per questo gli organizzatori dell'incontro si sono impegnati a fare
trascrivere la registrazione della lezione, e pubblicarla, in modo da
permettere a tutti di poterla conoscere e comprendere.
Gli organizzatori dell'incontro, il Corso di laurea interfacolta' (Scienze
della Formazione e Scienze Politiche) dell'Universita' di Firenze in
"Operatori per la pace", e la Commissione "Pace e solidarieta'
internazionale" del Comune di Firenze, hanno inoltre previsto di continuare
la loro collaborazione organizzando un incontro mensile per
l'approfondimento di queste tematiche.
Il programma dettagliato e' in via di definizione e verra' comunicato appena
pronto.
Si prevedono, tra gli altri, incontri con Falco Accame, sull'irenizzazione
della guerra; con Lidia Menapace, su donne e pace; e con Dario Fo, sul
contributo del teatro e dell'arte alla pace.
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