Il "Forum per la scuola pubblica" è uno spazio aperto sorto a Bari per
contrastare il processo di privatizzazione della scuola pubblica e le
riforme che l'attuale governo sta avviando per sostenere tale processo
(riforma Moratti, riforma degli organi collegiali, legge finanziaria, ...).
Invio di seguito il documento sulla scuola elaborato dal forum.
Per il Forum
lea borrelli
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FORUM PER LA SCUOLA PUBBLICA
LE NOSTRE TESI SULLA SCUOLA
Il "Forum per la scuola pubblica" è uno spazio aperto a cui aderiscono vari
organismi e associazioni, che hanno individuato alcuni punti unificanti -
che ruotano essenzialmente intorno alla difesa della scuola pubblica - sui
quali aggregare le forze per costruire iniziative unitarie, destinate a
bloccare l'attacco alla democrazia e il processo di smantellamento dell'idea
stessa di scuola pubblica.
1) Quale scuola per quale cittadino/a - Siamo consapevoli della necessità di
riformare il sistema formativo, ripartendo dai bisogni della persona e della
comunità civile e non da quelli del mercato del lavoro.
L'istruzione pubblica deve giocare un ruolo centrale in qualsiasi società
fondata sulla democrazia e sulla giustizia sociale. Solo la scuola pubblica,
laica, pluralista, è garanzia di rispetto della democrazia, luogo di
confronto delle idee, di crescita umana e culturale per tutti/e
indipendentemente da origini, condizioni socio-economiche, convinzioni
politiche o religiose di ciascuno/a: la Costituzione italiana assegna allo
stato tale compito. I percorsi e gli esiti della scuola pubblica sono
interesse della società.
La scuola privata, invece, si fonda su interessi e/o ideologie di parte (e
in tal caso rifiuta o discrimina chi non le condivide) e di mercato (è
vincolata alla necessità di realizzare profitti). Ogni finanziamento
pubblico diretto o indiretto alle scuole private è contrario al dettato
costituzionale ("Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed
istituti di educazione, senza oneri per lo Stato." - art. 33 )
Finalità primarie della scuola devono essere quelle di:
- abituare gli/le studenti/esse all'esercizio della ragione e della critica,
fornendo strumenti di lettura e comprensione della realtà;
- mettere i/le giovani in grado di affrontare i problemi, di rapportarsi
con il prossimo, con la società, con il mondo, senza ridurli/e al rango
passivo di "utenti";
- formare al rispetto delle differenze di ogni tipo e genere (religione,
sesso, etnia, ideologia, classe sociale, disabilità,.).
Riguardo alla riforma Moratti, contestiamo il metodo della delega, di cui
chiediamo l'immediato ritiro, perché contrario ai principi della democrazia,
in quanto non favorisce né il dibattito parlamentare, né il coinvolgimento e
la consultazione degli operatori della scuola, delle famiglie, degli
studenti/eese, dei cittadini e delle cittadine.
Perciò chiediamo forme democratiche di discussione e un ampio dibattito in
parlamento, per l'elaborazione di una riforma per una scuola pubblica, laica
e pluralista, come delineata dalla Costituzione, che migliori la qualità e
il livello dell'istruzione, che riconosca e valorizzi quanto di valido è già
presente, anche in forma sperimentale, nell'attuale sistema scolastico,
compreso il lavoro di autoformazione, di ricerca e aggiornamento svolto
dagli/lle insegnanti negli anni passati.
2) Organi collegiali e democrazia scolastica - L'attuale governo,
esasperando la logica aziendalistica introdotta negli anni '90, intende
abrogare gli organi di democrazia scolastica che, dal '74 in poi, avevano
vivacizzato la vecchia scuola gentiliana in attesa delle riforme che stiamo
ancora aspettando.
Il modello Moratti si configura ancora più autoritario di quello gentiliano
che, tuttavia, assumeva il collegio dei docenti (e la sua autonomia, magari
"corporativa") come luogo fondamentale della vita della scuola.
Nel progettare la nuova democrazia scolastica si tratta di andare oltre il
quadro del '74, non retro-agire a prima di Gentile (con la scusa di marciare
verso il futuro della scuola globalizzata); in particolare collocare in una
nuova prospettiva la dialettica tra partecipazione e poteri.
Uno dei limiti più gravi del modello (democristiano) di democrazia
scolastica - sottolineato in particolare dai socialisti - era che si
trattava sì di democrazia "partecipata", ma senza (o con scarsi) poteri; il
suo declino si è consumato proprio qui: che senso ha partecipare senza
poteri?
In questa dimensione, primi punti fermi irrinunciabili di un progetto tutto
da costruire:
a) la democrazia come luogo dell'autogoverno;
b) al manager il management;
ai docenti il collegio dei docenti con presidente eletto con poteri e
competenze amplificate a partire da quelle definite dai decreti del '74;
c) mantenere ruolo e funzione programmatoria dei consigli di classe,
allargando la partecipazione e i poteri di genitori e studenti;
d) ampliare gli spazi e i luoghi della democrazia partecipata (assemblee di
studenti e genitori); individuare nei regolamenti di istituto strumenti
idonei a che un diritto non degeneri in privilegio;
e) confermare la composizione aperta a tutte le "componenti" del consiglio
di istituto, distinguendo meglio le funzioni e competenze
amministrativo-gestionali da quelle di indirizzo; modificando composizione,
funzione e ruolo della giunta esecutiva e i rapporti tra giunta e consiglio.
3) Obbligo d'istruzione gratuita fino al 18° anno di età - Il superamento
(previsto dalla riforma Moratti) del concetto di obbligo scolastico (obbligo
sancito dalla costituzione - art. 34) lascia alla famiglia la decisione di
esercitare il diritto-dovere, aumentando le discriminazioni derivanti dalle
diverse possibilità economiche e culturali.
"È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e
sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini,
impediscono il pieno sviluppo della persona umana" (art. 3 della
Costituzione). Per realizzarlo, lo stato deve adottare misure adeguate,
come:
- riduzione del numero di alunni per classe, per consentire una
individualizzazione dell'insegnamento (precondizione per la lotta all'
insuccesso)
- forme di supporto per superare le difficoltà di apprendimento, pur
salvaguardando le eccellenze;
- sostegno, per un numero adeguato di ore, ai portatori di handicap;
- investimenti di risorse economiche e potenziamento delle strutture;
- adeguamento del tempo-scuola alle reali esigenze del territorio;
- riqualificazione del lavoro docente.
4) Curricoli - La riduzione del numero di discipline e di ore obbligatorie
(con possibilità di effettuare ore extra a pagamento) abbassa la qualità e
il livello dell'istruzione pubblica e crea discriminazioni di classe.
Il tempo-pieno e il tempo-prolungato devono essere salvaguardati e
gradualmente estesi a tutte le zone che ne sono oggi prive, in quanto
costituiscono preziose risorse non solo per la salvaguardia dei bisogni
delle classi sociali più deboli e delle "zone a rischio" ma perché
consentono metodologie ed attività che richiedono tempi distesi di
insegnamento-apprendimento.
La definizione dei programmi di studio non può essere che nazionale, per
evitare la frammentazione culturale ed il rischio che prevalgano interessi
localistici esterni alla scuola. Diversa cosa sono il diritto delle singole
scuole di organizzare le attività in modo rispondente alle esigenze degli
alunni/e ed il principio della libertà d'insegnamento di ciascun docente.
5) Scuola dell'infanzia - L'anticipo a prima dei 3 anni dell'ingresso dei
bambini/e nella scuola dell'infanzia significa svilire la dignità di questo
grado d'istruzione e non risponde ad alcuna necessità cognitiva ed
educativa. (Piuttosto andrebbero istituiti nidi pubblici in modo
generalizzato).
La scuola dell'infanzia va potenziata e la sua istituzione sul territorio
nazionale spetta allo stato.
Le sezioni devono essere costituite da non più di 20 bambini/e, per
garantire una scuola di qualità e non la semplice assistenza. Vanno adeguati
spazi e strutture per garantire le esperienze didattiche proprie di questo
livello d'istruzione.
6) Scuola di base - La scuola elementare e la media inferiore dell'attuale
sistema sono indirizzate a tappe formative differenti e caratterizzate
quindi da diverse missioni educative e fasi metodologico-didattiche, poiché
lo sviluppo nell'età della fanciullezza e quello nell'età della
preadolescenza, nei loro vari aspetti cognitivi e formativi (fasi della
crescita, metodi e tempi di apprendimento, costruzione della personalità, .)
si fondano su impianti psicologici e pedagogici diversi. Il problema della
continuità tra elementari e medie deve essere affrontato attraverso un
programma fatto di dialogo, di confronto e di esperienze comuni tra i due
ordini di scuola. La fase di passaggio è un momento di crescita che permette
di sviluppare la capacità di adattamento e di autonomia personale. I diversi
tempi di permanenza a scuola (più estesi nella scuola elementare) rispondono
appunto al differente grado di autonomia nello studio e nelle attività di
tempo libero.
Occorre valorizzare quanto di positivo ha introdotto la riforma della scuola
elementare dell'85
- compresenze
- moduli
- esperienze di laboratorio
- lingue
- educazione musicale, all'immagine, motoria.
La presenza di tanti bambini/e provenienti da altri paesi impone un
approccio interculturale e richiede l'intervento di specialisti, quali i
mediatori culturali.
7) Scuola superiore - Il sistema duale che separa i licei dalla istruzione e
formazione professionale, e la canalizzazione precoce, operano una forte
discriminazione di classe; tutti/e hanno diritto ad una formazione culturale
critica (precondizione all'esercizio della democrazia), che, per esempio,
dopo un biennio unico, potrebbe differenziarsi nel triennio, potenziando gli
aspetti teorici o quelli più pratici; anche i processi formativi più pratici
devono però essere integrati all'interno di un percorso scolastico.
Anche in questa fase di passaggio, un programma fatto di dialogo, di
confronto e di esperienze comuni tra i due ordini di scuola potrà rendere il
passaggio graduale, riducendo l'insuccesso.
E solo quei i percorsi che portano all'acquisizione di un titolo
potenzialmente spendibile nel mondo del lavoro dovranno prevedere momenti d'
integrazione scuola-lavoro (cosa che oggi è consolidata negli Istituti
Professionali e Tecnici).
Comunque, tutte le scuole, al termine dei cinque anni, devono rilasciare un
titolo di studio con valore legale (come previsto dalla Costituzione,
contrariamente all'orientamento governativo, che si intravede già nella
modifica delle commissioni per gli esami di stato - vedi p.to 8) che dia
libero accesso alle Università, e quindi NO alla riduzione da 5 a 4 anni
dell'Istruzione Professionale.
Regionalizzazione - Approfondire la conoscenza del background culturale del
proprio microcosmo non è di per sé negativo; lo diventa se - per come è
inteso nella riforma Moratti - invece di essere studio della cultura locale
(beni culturali, ambiente,.), diventa formazione professionale, per
rispondere alle esigenze del mercato del lavoro (locale, legato alle
contingenze del momento, non esportabile - per esempio in Puglia: abiti da
sposa a Putignano, calzaturifici a Casarano, ecc.). In questo caso non è la
scuola che si raccorda con il territorio, in una logica di rete, (come
auspicava l'autonomia!), ma è il territorio che stabilisce le attività e le
materie. L'alternanza scuola-lavoro (diversa dalle esperienze di stage
inserite nella programmazione curriculare) risulta uno strumento a
disposizione delle imprese per ottenere incentivi e utilizzare manodopera a
basso costo (o gratuito), senza neanche dare garanzie assicurative.
Questo potrebbe essere il primo passo verso una pericolosa devolution in
materia di istruzione (non dimentichiamo che era previsto nel referendum sul
federalismo, del 7 ottobre 2001 - modifica dell'art. 117 della
Costituzione).
Aggiungiamo che gli sprechi e le inefficienze della formazione
professionale, proprio in Puglia, sono finiti spesso sotto il vaglio della
magistratura, così come spesso si è creato del contenzioso tra gli enti di
formazione e gli stessi operatori.
8) Esami di stato - La modifica delle commissioni degli esami di stato,
introdotta con la legge finanziaria, che apre la strada alla perdita del
valore legale del titolo di studio, non ha il semplice e solo obiettivo di
risparmiare, ma favorisce le dinamiche privatistiche (come già auspicato
nel documento "Scuola libera"). Occorre ripensare la struttura dell'esame a
partire da una composizione paritetica della commissione (esterni/interni).
9) Personale ATA - Siamo assolutamente contrari alla esternalizzazione dei
servizi svolti dal personale ATA, che sono una grande risorsa su cui si
fonda la comunità scolastica (a titolo esemplificativo va ricordato il ruolo
delicato che i collaboratori scolastici rivestono nei riguardi degli
alunni/e più piccoli: nessuna impresa di pulizie può sostituirli). Il
Personale ATA è una componente importante del Progetto formativo delle
scuole e quindi va sostenuto attraverso una formazione adeguata. E'
necessario invece coprire tutti i posti vacanti, attualmente soggetti alla
continua alternanza di lavoratori precari.
10) Risorse - Chiediamo massicci investimenti per innalzare la qualità dell'
istruzione pubblica.
Siamo contrari ai tagli ai finanziamenti per la scuola pubblica operati
dalla finanziaria (la stessa autonomia senza sostegno economico assoggetta
automaticamente la scuola alle leggi del mercato).
Gravi saranno le conseguenze del decreto taglia-organici, che non solo
elimina migliaia di posti di lavoro, ma annulla la sperimentazione dell'
organico funzionale (già avviata con successo in diverse scuole), rende di
fatto impossibile assicurare la continuità didattica o avviare nuove classi
a tempo pieno e ostacola ogni forma reale di progettualità da parte delle
scuole.
La rivalutazione salariale dei/lle lavoratori/trici della scuola si pone
come centrale, non solo per adeguare gli stipendi ai parametri europei ma
anche per evitare la strisciante demotivazione e disaffezione verso il
proprio lavoro. A tale proposito vanno previsti periodi di aggiornamento e
scambi di esperienze, piuttosto che incentivi individuali e meccanismi
competitivi.
11) Insegnamento della Religione Cattolica - L'insegnamento della Religione
Cattolica deve essere facoltativo e al di fuori dell'orario curriculare. La
scelta deve avvenire annualmente.
Nessun trattamento privilegiato può essere riservato agli inss. di religione
che dovessero essere immessi in ruolo, per i quali devono valere le regole
previste per gli altri lavoratori/trici, come le pubbliche graduatorie,
senza interferenze della Curia.
Forum per la scuola pubblica:
ARCA - Associazione 31 ottobre per una scuola laica e pluralista - CIDI
Bari - Città plurale - Coordinamento cittadino per la scuola pubblica -
Coordinamento RSU scuole BARI e provincia - K.I.S - Coordinamento studenti
medi antifascisti-UDS - Studentipuntonet - Samarcanda - S.U.D.
http://it.groups.yahoo.com/group/forumperlascuolapubblica
per contatti: leaborr@???