caro Barenghi,
non sappiamo se Maurizio Matteuzzi fa linviato a Caracas coi soldi del 
Manifesto e quindi anche coi nostri, che acquistiamo il giornale tutti i 
giorni.
Se fosse così, avremmo dei veri problemi di coscienza, a parte la definitiva 
decisione di non abbonarci.
Troviamo infatti vergognoso che il Manifesto ospiti i suoi articoli 
filogolpisti, malamente camuffati da una sorta di atteggiamento bipartisan 
di sinistra.
Forse Chavez non piace a molti
.Non ha carisma
Forse è posseduto da una 
sorta di vocazione suicida
Forse ha finito per cacciarsi in un 
isolamento
Forse non è riuscito a fare quanto si era impegnato
Forse è un 
caudillo che si vedrebbe meglio collocato a destra
Forse non è quello che si 
dice un buon governante
Ma Chavez è presidente legittimo del Venezuela
, 
però lo sciopero che dal 2 dicembre paralizza il paese è devastante
 e in 
conclusione il Venezuela è un paese allo sbando,
: così straparla su 6 
colonne Matteuzzi sul Manifesto di martedì 7 gennaio .
Ma il peggio arriva giovedì 9, quando Matteuzzi fa direttamente il 
corrispondente dalla Caracas golpista, da Plaza Altamira divenuto il cuore 
dellopposizione alla redazione del quotidiano Tal Cual, da dove diffonde 
nel mondo il pensiero (oltre che i saluti a Rossana Rossanda e Lucio Magri) 
di Teodoro Petkpff, ex guerrigliero del Mas, poi ministro della 
pianificazione nel governo Cardera e oggi naturalmente antichavista, che 
Matteuzzi sintetizza così: nel Venezuela non cè stata nessuna rivoluzione, 
ma cè sì la controrivoluzione
la soluzione dovrebbe essere politica, ma in 
Venezuela cè un vuoto politico
monta una violenza di strada ormai 
incontrollabile
la sinistra in Venezuela
per anni sarà tagliata fuori e 
dovrà pagare il prezzo del fallimento di Chavez. Amen (incredibile, ma è 
proprio così: Matteuzzi scrive Amen).
Il modo migliore di darti la misura del nostro disgusto è quello di 
riportare qui di seguito il testo di una e-mail di Giacomo e Federica, in 
Venezuela da due anni e mezzo, volontari in servizio nei barrios a Ciudad 
Guayana.
Carissimi amici, rispondiamo con una lettera circolare a quanti ci hanno 
scritto e telefonato in queste ore. Vi preghiamo di diffondere questo 
messaggio a tutti gli amici, anche a quelli che non hanno un indirizzo di 
posta elettronica. Per prima cosa vorremmo dirvi di stare tranquilli per 
noi: qui in città non é successo quasi niente, gli scontri sono solo a 
Caracas, la capitale. Come quasi tutti voi sapranno questa notte c'è stato 
infatti un colpo di Stato ed é caduto il governo del Presidente Hugo Chávez. 
Un governo legittimo che é passato per 6 processi elettorali in meno di tre 
anni e non ha mai ottenuto meno del 60% dei consensi. Un governo che ha 
fatto sì molti errori, ma che consideriamo solo errori di forma, non di 
principio. Un governo che al clamore delle folle che esigevano mano dura, ha 
sempre risposto no (sarà forse stato questo il suo più grande errore?).Un 
governo decisamente sbilanciato verso la promozione della partecipazione 
popolare. Un governo che ha fermato il processo di privatizzazione delle 
principali imprese statali arrestando così gli effetti della globalizzazione 
ed é stato accusato dai media di portare il paese verso una situazione 
simile a quella argentina (ci domandiamo com'è possibile, visto che Chávez 
stava facendo quasi l'esatto contrario di quanto fatto da De La Rua).Un 
governo che come primo passo ha deciso di promuovere un'Assemblea 
Costituente che in seguito ha promulgato una nuova Costituzione, fra le più 
avanzate al mondo per quanto riguarda i diritti umani. Un governo che ha 
lavorato e che ha riconosciuto senza vergogna la situazione di estrema 
povertà vissuta dall'80% della popolazione. Un governo che nei discorsi 
ufficiali ha sempre invitato alla calma, al dialogo ed alla pace, 
aggiungendo un solo piccolo particolare: "Dove non c'è giustizia non c'è 
pace! "Tutte queste cose sui mezzi di comunicazione italiani non si diranno. 
Come non si dirà che cosa sia successo davvero l'11 aprile a Caracas. Certo 
si é a conoscenza del numero di morti e feriti, ma chi li ha causati? Dalle 
informazioni raccolte si sa solo che la marcia organizzata da chi voleva la 
rinuncia di Chávez si é spinta fino al palazzo del Governo, che era difeso 
oltre che dall'esercito, dalla gente che stava appoggiando il Presidente. Ci 
sono molte testimonianze che indicano che i franchi tiratori che hanno 
sparato sulla folla erano poliziotti in borghese della Polizia Metropolitana 
(un corpo che obbedisce al Sindaco Alfredo Peña, avversario di Chávez). Ma 
tutto questo non é dimostrabile perché ora, visto che le forze 
"democratiche" che hanno incitato a questa "presa di potere per la 
salvaguardia della democrazia e della libertà di espressione", hanno il 
controllo di tutte le televisioni private e uno dei primi provvedimenti 
presi ieri sera é stato quello di oscurare il canale di stato (fino ad 
allora unica fonte alternativa di informazione).Per favore, vi preghiamo di 
non credere che questo colpo di stato sia a favore della libertà e della 
democrazia. Il governo caduto era stato eletto democraticamente dalla gran 
maggioranza della popolazione. Chi lo ha abbattuto ha potuto farlo perché 
contava su forti finanziamenti, anche dall'estero, sull'appoggio dei grandi 
imprenditori venezuelani e sul controllo totale dei mezzi di comunicazione. 
In tre anni di governo "rivoluzionario" non vi é stato nessun arresto 
politico. Oggi, a meno di dodici ore dal colpo di stato, in una situazione 
inconstituzionale e senza un documento di rinuncia da parte del presidente 
Chávez, si sono effettuati una serie innumerevole di arresti a persone 
ASSOLUTAMENTE INNOCENTI, ree solo di appartenere ad un governo che cercava 
un cambiamento nella gestione del potere politico ed economico in Venezuela. 
Susana, una delle donne con cui lavoriamo nel barrio ci ha telefonato 
stamattina presto dicendo: "Siamo in lutto: ormai é finita ogni speranza per 
i poveri", questo é il clima che si respira, qui nei quartieri marginali, 
mentre a Puerto Ordaz, la zona ricca della città, si sta festeggiando. 
Domani 35 donne del nostro gruppo di Altamira avrebbero dovuto consegnare i 
progetti per altrettante microimprese di produzione per ottenere un piccolo 
credito dal Banco de la Mujer (la "banca della donna", uno dei tanti 
programmi del governo volto a dare un appoggio concreto alle iniziative di 
autosviluppo). Era per noi una bella esperienza in cui le persone hanno 
imparato a scrivere i loro piccoli progetti, senza per forza chiedere soldi 
a noi italiani. Ormai non c'è più nessun Banco de la Mujer. Hermelinda, una 
delle collaboratrici dello SVI, ci ha invitato ad andare a fare una visita 
casa per casa a tutte le donne del gruppo, perché non perdano la speranza. 
Ci ha invitato a organizzare un corso o una qualsiasi attività per far sì 
che la gente non si perda d'animo. Abbiamo camminato, abbiamo incontrato 
persone che piangevano altre che pregavano. La gente non riesce a capire: 
"Era il nostro Presidente, noi abbiamo votato per lui". Rosa, un'altra delle 
donne con cui lavoriamo, ha dichiarato: "adesso verrà la repressione, poi 
tornerà la corruzione più forte di prima, noi cosa volete che facciamo? 
Continuiamo a lavorare per la comunità". Abbiamo solo pochi giorni per poter 
almeno parlare di tutto questo con le persone che non sono cadute nella 
trappola della propaganda. La gente di cui meno ci si può fidare sono 
purtroppo molti membri attivi della Chiesa e se oggi le ricerche sono 
orientate ai circoli bolivariani ed alle persone con cariche politiche 
strategiche che non si siano già  giocate come voltagabbana, più in là 
potranno presentarsi controlli ramificati fino alle organizzazioni popolari 
in genere.
Giacomo Signoroni e Federica Nassini 
12/04/02
fraterni saluti
guglielmina bertolucci e franco busoni
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