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da "Il Nuovo"
Lunedì 18 Novembre 2002, 20:36
Stiglitz: "No global protestate, fermerete i governi"
Di Liliana Cardile
ROMA - Nella capitale italiana viene a presentare il proprio ultimo lavoro, edito da Einaudi e dal titolo neutro: "La globalizzazione e i suoi oppositori". Joseph Stiglitz , però, dell'anti-global pensiero, è già diventato una bandiera. Sia per ciò che dice, ma soprattutto per il pulpito dal quale predica o, se non altro, proviene.
Ha ottenuto il premio Nobel per l'Economia nel 2001 ma è noto soprattutto per la denuncia forte di istituzioni come il Fondo monetario internazionale e la Banca mondiale, in cui peraltro ha lavorato per molti anni. Durante la presidenza Clinton, Stiglitz è stato anche consulente della Casa Bianca.
In una hall dell'Hotel d'Inghilterra, nel pieno centro di Roma, Stiglitz appare in completo grigio e sorride spesso. Un'immagine ben diversa dagli antiglobalizzatori che siamo abituati a vedere nelle piazze.
Ha due occhi piccoli e azzurri e muove molto le mani mentre risponde alle domande. È stato in Argentina ad agosto e sulla crisi di quel paese ha scritto molto. Per questo sceglie di cominciare la chiacchierata proprio dalla crisi argentina e dall'ennesimo fallimento delle politiche economiche del Fondo monetario internazionale.
L'Argentina è stata definita l'"allievo modello" del Fondo monetario internazionale per il modo in cui ha applicato la ricetta economica proposta di anno in anno dall'organizzazione. Il fallimento dell'Argentina, che in questi mesi sta vivendo una crisi economica fortissima, ha spinto il Fondo a ripensare la sua politica economica e ad avviare delle riforme interne?
"Il fallimento della ricetta dell'Fmi in Argentina sta avendo un profondo impatto sul Fondo stesso ma anche negli ambienti economici di tutti gli Stati Uniti. Tra gli esperti del Fondo l'atteggiamento è piuttosto vario: è chiaro che le crisi finanziarie di Corea, Asia, Russia, Brasile hanno minato la fiducia nella politica condotta dall'Fmi. In molti hanno pensato che c'è qualcosa di sbagliato nel modo di aiutare i paesi in difficoltà, che bisogna pensare a una formula alternativa. L'idea è di prevedere la possibilità di bancarotta per un paese, come accade con le società, e di intervenire con una politica studiata ad hoc".
Invece il Fondo applica sempre la stessa formula indipendentemente dal paese in cui interviene, soprattutto concedendo dei prestiti.
"E proprio qui sta l'errore infatti. Il Fondo si rivolge ai vari governi con quella che si può chiamare formula unica di intervento. Come se tutti i paesi fossero uguali e avessero gli stessi problemi. Così non è. Hanno applicato in Asia la stessa politica del Sudamerica. Possiamo immaginare quanto queste due parti del mondo siano lontane, a tutti i livelli.Questo è il problema principale nel modo di agire del Fondo. Le cose forse stanno un po' cambiando visto che in Brasile, per esempio, il Fondo sta intervenendo in modo un po' diverso. Ma sono cambiamenti ancora minimi, difficili. Non si tratta di un'istituzione molto incline a riformarsi, a cambiare il suo modus operandi. Prendiamo l'Argentina. Continuano a battere allo stesso modo su uno stato che è allo stremo".
A proposito di Argentina. La crisi di questo paese coinvolge anche l'Italia dal momento che molti risparmiatori, soprattutto nel nordest del nostro paese, hanno parenti laggiù e di conseguenza hanno investito in obbligazioni e titoli di stato argentini. Quale crede possa essere lo sviluppo di quella crisi?
"Come si può immaginare ogni paese alla fine riesce a venir fuori da periodi di crisi come questo".
Certo, bisogna vedere a che prezzo però.
"Esatto. Il problema è il costo che la popolazione e il governo pagano per venir fuori dalla crisi. La crisi argentina è più grave, più dura del necessario. Credo che questa sia la colpa più grande del Fondo monetario nella situazione argentina. Sono stato a Buenos Aires in agosto e ho visto molta povertà e molta sofferenza. Ho trovato un paese completamente cambiato. Sfigurato dalla crisi, diverso da come l'avevo visto alcuni anni fa in altri viaggi. Però ho intuito alcuni cambiamenti, ho visto nuove iniziative commerciali e politiche da parte degli argentini.
Purtroppo il Fondo continua a pretendere da un paese in ginocchio il pagamento dei debiti senza negoziare nuovi prestiti di cui invece il paese ha bisogno. In questo senso c'è una precisa responsabilità del Fondo nell'acuirsi di questa crisi, oltre che nella sua origine".
I movimenti di opinione possono influenzare la situazione?
"Credo di si e questo vale non solo per l'Argentina ma anche per il movimento pacifista che, per esempio negli Stati Uniti, sta conducendo una campagna contro la guerra all'Iraq. Manifestare, far sentire la propria voce è importante. Serve ai governi per capire meglio quello che la gente vuole. A quel punto agire diversamente assume per i governi un significato più compromettente : si traduce nell'ignorare deliberatamente l'opinione della gente. E un governo che fa questo se ne deve assumere la piena responsabilità".
La crisi argentina può avere ripercussioni sull'Italia?
"Viviamo in un mondo globalizzato dove tutto ciò che succede in un paese ha delle conseguenze per l'intera comunità internazionale. E questo vale ancora di più se la crisi è quella di un paese sviluppato come l'Argentina era considerata fino ad oggi. Dunque la risposta è si, ci possono essere ripercussioni sull'Italia, per altro così vicina all'Argentina. Ed è per questo che il Fondo deve sentirsi maggiormente colpevole, per questo suo promuovere la globalizzazione quando si tratta di investimenti economici; e, dall'altra parte, per la mancanza di responsabilità quando contribuisce a innescare crisi che hanno ripercussioni sul mercato mondiale.
Qualcuno ha criticato il suo atteggiamento da fuoriuscito. Nel senso che lei lavorava alla Banca mondiale, anzi ha collaborato molto con la Casa Bianca, e ha cominciato a criticare le istituzioni una volta fuori da quel mondo. Cosa risponde a queste critiche?
"Posso dire in tutta onestà che ero critico con il sistema anche quando lavoravo al suo interno. Non ero da solo, anzi c'era un gruppetto di, diciamo, "non allineati", che contestava duramente alcune scelte fatte dalla Banca mondiale. Una volta fuori ho fatto tesoro di quell'esperienza da contestatore e ho continuato a proporre modelli alternativi a quelli istituazionali dall'esterno".
Insomma è convinto che un altro mondo sia possibile?
"Sono fermamente convinto che si possa lavorare in un altro modo per il bene comune. Si un altro mondo è possibile. Possiamo costruire altre condizioni di vita, pensando insieme a modi alternativi per gestire l'economia. Io ci sto lavorando".
Per ulteriori informazioni consulta il Nuovo
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<P>In una hall dell'Hotel d'Inghilterra, nel pieno centro di Roma, Stiglitz appare in completo grigio e sorride spesso. Un'immagine ben diversa dagli antiglobalizzatori che siamo abituati a vedere nelle piazze. <BR><BR>Ha due occhi piccoli e azzurri e muove molto le mani mentre risponde alle domande. È stato in Argentina ad agosto e sulla crisi di quel paese ha scritto molto. Per questo sceglie di cominciare la chiacchierata proprio dalla crisi argentina e dall'ennesimo fallimento delle politiche economiche del Fondo monetario internazionale.</P>
<P><B>L'Argentina è stata definita l'"allievo modello" del Fondo monetario internazionale per il modo in cui ha applicato la ricetta economica proposta di anno in anno dall'organizzazione. Il fallimento dell'Argentina, che in questi mesi sta vivendo una crisi economica fortissima, ha spinto il Fondo a ripensare la sua politica economica e ad avviare delle riforme interne?<BR></B>"Il fallimento della ricetta dell'Fmi in Argentina sta avendo un profondo impatto sul Fondo stesso ma anche negli ambienti economici di tutti gli Stati Uniti. Tra gli esperti del Fondo l'atteggiamento è piuttosto vario: è chiaro che le crisi finanziarie di Corea, Asia, Russia, Brasile hanno minato la fiducia nella politica condotta dall'Fmi. In molti hanno pensato che c'è qualcosa di sbagliato nel modo di aiutare i paesi in difficoltà, che bisogna pensare a una formula alternativa. L'idea è di prevedere la possibilità di bancarotta per un paese, come accade con le società, e di intervenire con una politica studiata ad hoc". </P>
<P><B>Invece il Fondo applica sempre la stessa formula indipendentemente dal paese in cui interviene, soprattutto concedendo dei prestiti.<BR></B>"E proprio qui sta l'errore infatti. Il Fondo si rivolge ai vari governi con quella che si può chiamare formula unica di intervento. Come se tutti i paesi fossero uguali e avessero gli stessi problemi. Così non è. Hanno applicato in Asia la stessa politica del Sudamerica. Possiamo immaginare quanto queste due parti del mondo siano lontane, a tutti i livelli.Questo è il problema principale nel modo di agire del Fondo. Le cose forse stanno un po' cambiando visto che in Brasile, per esempio, il Fondo sta intervenendo in modo un po' diverso. Ma sono cambiamenti ancora minimi, difficili. Non si tratta di un'istituzione molto incline a riformarsi, a cambiare il suo modus operandi. Prendiamo l'Argentina. Continuano a battere allo stesso modo su uno stato che è allo stremo". </P>
<P><B>A proposito di Argentina. La crisi di questo paese coinvolge anche l'Italia dal momento che molti risparmiatori, soprattutto nel nordest del nostro paese, hanno parenti laggiù e di conseguenza hanno investito in obbligazioni e titoli di stato argentini. Quale crede possa essere lo sviluppo di quella crisi?<BR></B>"Come si può immaginare ogni paese alla fine riesce a venir fuori da periodi di crisi come questo".<BR><BR><B>Certo, bisogna vedere a che prezzo però.<BR></B>"Esatto. Il problema è il costo che la popolazione e il governo pagano per venir fuori dalla crisi. La crisi argentina è più grave, più dura del necessario. Credo che questa sia la colpa più grande del Fondo monetario nella situazione argentina. Sono stato a Buenos Aires in agosto e ho visto molta povertà e molta sofferenza. Ho trovato un paese completamente cambiato. Sfigurato dalla crisi, diverso da come l'avevo visto alcuni anni fa in altri viaggi. Però ho intuito alcuni cambiamenti, ho visto nuove iniziative commerciali e politiche da parte degli argentini. <BR>Purtroppo il Fondo continua a pretendere da un paese in ginocchio il pagamento dei debiti senza negoziare nuovi prestiti di cui invece il paese ha bisogno. In questo senso c'è una precisa responsabilità del Fondo nell'acuirsi di questa crisi, oltre che nella sua origine". </P>
<P><B>I movimenti di opinione possono influenzare la situazione?<BR></B>"Credo di si e questo vale non solo per l'Argentina ma anche per il movimento pacifista che, per esempio negli Stati Uniti, sta conducendo una campagna contro la guerra all'Iraq. Manifestare, far sentire la propria voce è importante. Serve ai governi per capire meglio quello che la gente vuole. A quel punto agire diversamente assume per i governi un significato più compromettente : si traduce nell'ignorare deliberatamente l'opinione della gente. E un governo che fa questo se ne deve assumere la piena responsabilità". </P>
<P><B>La crisi argentina può avere ripercussioni sull'Italia?<BR></B>"Viviamo in un mondo globalizzato dove tutto ciò che succede in un paese ha delle conseguenze per l'intera comunità internazionale. E questo vale ancora di più se la crisi è quella di un paese sviluppato come l'Argentina era considerata fino ad oggi. Dunque la risposta è si, ci possono essere ripercussioni sull'Italia, per altro così vicina all'Argentina. Ed è per questo che il Fondo deve sentirsi maggiormente colpevole, per questo suo promuovere la globalizzazione quando si tratta di investimenti economici; e, dall'altra parte, per la mancanza di responsabilità quando contribuisce a innescare crisi che hanno ripercussioni sul mercato mondiale. </P>
<P><B>Qualcuno ha criticato il suo atteggiamento da fuoriuscito. Nel senso che lei lavorava alla Banca mondiale, anzi ha collaborato molto con la Casa Bianca, e ha cominciato a criticare le istituzioni una volta fuori da quel mondo. Cosa risponde a queste critiche?<BR></B>"Posso dire in tutta onestà che ero critico con il sistema anche quando lavoravo al suo interno. Non ero da solo, anzi c'era un gruppetto di, diciamo, "non allineati", che contestava duramente alcune scelte fatte dalla Banca mondiale. Una volta fuori ho fatto tesoro di quell'esperienza da contestatore e ho continuato a proporre modelli alternativi a quelli istituazionali dall'esterno". </P>
<P><B>Insomma è convinto che un altro mondo sia possibile?<BR></B>"Sono fermamente convinto che si possa lavorare in un altro modo per il bene comune. Si un altro mondo è possibile. Possiamo costruire altre condizioni di vita, pensando insieme a modi alternativi per gestire l'economia. Io ci sto lavorando".</P><BR><BR><A href="
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