Iniziativa del Comitato Difesa Duemila
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«Laboratorio di idee per un'Italia sicura»
«Ci comportiamo come se non esistesse la minaccia del terrorismo islamico»
ROMA - Sono una diecina di seri professionisti. Con una missione: convincere
gli italiani e i politici che niente è più come prima. «Siamo in guerra»,
questa è la realtà scomoda di cui il Comitato Difesa Duemila ci spinge a
prendere atto. «Gli americani si sentono in guerra - dice Renzo Foa -. Noi
viviamo come se la minaccia incombente del terrorismo islamico non
esistesse». Ci manca l'idea di responsabilità. «Prima avevamo delegato la
nostra sicurezza agli americani - dice il professor Michele Nones -. Ora
abbiamo affidato alla Nato il compito di tutelarci». Ma i membri del
Comitato, sorto attorno alla «Fondazione liberal» di Ferdinando Adornato,
presidente della commissione Cultura della Camera, ritengono necessario
attrezzarsi per fronteggiare le minacce alla nostra sicurezza che, stando
all'ultimo messaggio di Bin Laden, sono concrete e dirette.
Fra i membri del Comitato figurano gli ex capi di Stato maggiore della
Difesa, il generale Arpino e l'ammiraglio Venturoni, e l'attuale vicecapo di
Stato maggiore, Vincenzo Camporini. Un gruppo di esperti, un think tank in
materia di difesa e sicurezza. «Vogliamo segnalare i problemi - dice il
generale Carlo Jean, studioso di strategia -. Offrire delle idee buone al
Parlamento e far capire alla gente la gravità della situazione, perché ci
sia una consapevolezza dell'opinione pubblica».
Come dire: tutto è cambiato anche per noi italiani dopo l'11 settembre, e se
non l'avete capito, svegliatevi. Per diffondere il messaggio il Comitato ha
approvato ieri un documento di 20 cartelle intitolato «Ci sentiamo in
guerra?». E si prepara ad approfondire l'argomento in un convegno venerdì 22
e sabato 23 a Venezia. Gli studi e le proposte saranno poi pubblicati su un
nuovo periodico, Liberal risk .
Ma perché tanta preoccupazione di convincere l'opinione pubblica che viviamo
in un'epoca nuova?
«Perché la gente - sostiene Luigi Ramponi, presidente della commissione
Difesa della Camera -, deve trovare la forza psicologica per reagire. L'
avversario è un terrorista motivato sul piano etico e religioso, è disposto
a morire per i suoi ideali. Dobbiamo sviluppare una motivazione altrettanto
forte».
Non solo la gente comune ignora la pericolosità di un nemico sfuggente, ma
gli stessi politici la sottovalutano. «Sembra un paradosso - dice il
generale Mario Arpino -. Ci teniamo a contare di più, vogliamo essere
ammessi nei salotti buoni internazionali. E poi presentiamo una Finanziaria
che riduce i fondi per le Forze armate. Spendiamo il 50% meno della Francia.
E non parliamo della Gran Bretagna».
Il taglio dei fondi alla Difesa è stato accolto con disappunto da George
Robertson, segretario generale della Nato. «Logico che Robertson si
preoccupi - dice l'ammiraglio Guido Venturoni, ex capo del comitato militare
della Nato -. Abbiamo assunto impegni internazionali. Senza fondi non saremo
in grado di mantenerli. Abbiamo promesso 20 mila uomini per la Forza d'
intervento europea. Se non avremo i mezzi per rispettare gli impegni
perdiamo la faccia. E finiamo fuori dall'Europa che conta».
Marco Nese