[Lecce-sf] L'IMPERIALISMO

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Author: franco martello
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Subject: [Lecce-sf] L'IMPERIALISMO
Ninì, grazie per il catechismo, ma le cose (e la
teoria, le teorie) sono un po' più complicate.
Comunque lo sfruttamento "legale" del lavoro vivo non
è proprio solo del capitale, ma anche del modo di
produzione feudale (specie se di provincia ...di
Corigliano d'Otranto). Quindi confessati, pentiti e
monda la tua anima prima del giudizio. Fr.
--- Gaetano Bucci <gaetanobucci@???> ha
scritto: > Piccoli "nuovi Bismark" (Blair, Amato,
D'Alema,
> Fischer, ecc.) si aggirano per l'Italia e l'Europa
> svelando il riformismo come "real-politic", cioè
> come "realismo regressivo" proprio dei reazionari
> che partono dalla realtà per conservarla,
> contrapposto al "realismo progressivo" di chi parte
> dalla realtà per trasformarla
>
> "Guerra preventiva". O imperialismo?
>
> Riparliamo, per favore, di "imperialismo". "Cosa c'è
> di più 'imperialista' di una 'guerra preventiva' ?",
> ha chiesto a Blair il leader liberale inglese.
> Nessuno in Italia ha osato tanto. Il termine,
> "imperialismo", è di quelli che ha caratteri
> concettuali forti, specifici, anche per la storia
> poco revisionistica che evoca, storia che in Italia
> si vuole o riscrivere o dimenticare. Importante sia
> per quanto riguarda la descrizione di un fenomeno
> che si presenta con tratti distintivi e marcati, sia
> per il problema squisitamente storiografico relativo
> alla periodizzazione dell'età contemporanea, di cui
> si parla anche come età dell'imperialismo.
> La storia. Coniato in Francia per Napoleone III,
> entrò nell'uso comune proprio in Inghilterra, con
> l'espansionismo del governo Disraeli, verso l'880.
> Ed è in Inghilterra che il liberal-fabiano (da
> Quinto Fabio il temporeggiatore), Hobson, nel '902
> l'individua come nesso tra economia capitalistica ed
> espansione e spartizione del mondo, con ogni mezzo,
> fino alla guerra.
> Ma è la scuola marxista (dalla Luxemburg a
> Bucharin), soprattutto Lenin, a porre con estrema
> chiarezza sia le questioni attinenti alla natura
> dell'imperialismo, al suo collegarsi, con elementi
> di continuità e di differenza, allo sviluppo del
> capitalismo, sia la questione del posto che il
> fenomeno occupa nella storia contemporanea,
> assumendo il concetto di "fase" e storicizzando
> l'imperialismo come forma e "fase" suprema del
> capitalismo monopolistico che si concentra in trust
> sovranazionali, e usa lo stato, la scienza, il
> capitale finanziario nato dalla simbiosi tra
> capitale industriale e bancario, per dominare il
> mondo.
> Tesi che trova elementi di grande importanza
> soprattutto in Francia, dove a partire dagli anni
> '80, avviene un "rapido incremento del capitale
> finanziario" - peculiarità storica del fenomeno -
> "mentre il capitale industriale decadeva,
> determinando un grande intensificarsi della politica
> annessionistica (coloniale".
> Il "secolo lungo". E' la fase del "secolo lungo"
> (non "il secolo breve" che mistifica il titolo del
> bro di Hobsbawm, che in inglese è "il secolo degli
> estremi"), iniziato con le lotte di fine '800 per la
> spartizione delle risorse mondiali; che ha dato
> luogo in tutto il '900 a conflitti
> inter-capitalistici-imperialistici e a lacerazioni
> di classe, tra cui 2 guerre mondiali e la
> Rivoluzione d'Ottobre; e arrivato, per successive
> acquisizioni, all'attuale c.d. "globalizzazione" del
> capitalismo che si concentra e centralizza in "200
> trust e monopoli che dominano il mondo e le
> menti"("Le Monde diplomatique", 4/97). Dunque, non è
> un "nuovo capitalismo", diverso da quello di Marx e
> Lenin, come mistifica la "sinistra di sistema" di
> piazza o di governo che li ha abiurati. Tanto che,
> nel '97, il finanziario "New Yorker" proclamò Marx
> "il prossimo grande pensatore". Un genio, per i
> capitalisti, che affrontò la "globalizzazione" già
> nel 1848, nel più famoso "Manifesto" politico di
> tutti i tempi, come ineluttabile spinta espansiva
> insita nell'accumulazione capitalistica che porta la
> borghesia a creare " un mondo a propria immagine e
> somiglianza".
> L'età contemporanea. E' il capitalismo e la fase
> dell'età contemporanea, o dell'imperialismo, diversa
> dell'età moderna, e dal colonialismo, e che inizia,
> appunto, quando la frattura dialettica tra
> capitalismo e le forze antagonistiche che tendono a
> rovesciare il suo meccanismo economico e sociale,
> diventa - nella realtà e nelle coscienze -
> potenzialmente eguale in tutto il mondo, proprio per
> la progressiva "globalizzazione".
> Le tre scuole dei rapporti internazionali. Ne
> risulta potenziato lo sviluppo della teoria marxista
> dell'imperialismo, la sola delle 3 principali scuole
> dei rapporti internazionali - la
> "realista"(nazionalista), a cui si riferisce
> Kissinger per intendersi; la "pluralista"
> (liberale); la "marxista" -, la cui ultima tappa
> (fine anni '60) coglie il fenomeno
> dell'internazionalizzazione del capitale, come
> esportazione "del modo di produzione" e
> "riproduzione dei rapporti sociali capitalistici",
> dove non c'erano. Con l'insediamento di filiali di
> imprese transnazionali, che mantengono forte il
> loro insediamento nazional-statale d'origine. Che
> permette a trust e monopoli di usare lo stato sia
> come committente che come sostegno dei kombinat
> politico-industriali-militari, per politiche
> economico-commerciali e militari aggressive, contro
> gruppi e paesi capitalisti concorrenti e quelli
> capitalisticamente "meno sviluppati". Confortando la
> teoria marxista con la connessione tra struttura e
> sovrastruttura, e con relazioni globali che come
> oggi avvengono tra strutture sia politico-statali,
> sia economico-mercantili". A disdoro della scuola
> "realista" (nazionalista) - Kissinger ad es. -, che
> riconosce solo la conflittualità tra stati, senza
> distinguere tra capitalismo e precapitalismo; e di
> quella "liberale" per la quale gli attori sono solo
> gli individui o le singole famiglie e aziende.
> Il rafforzamento dello stato. E' ancora
> imperialismo, quindi. Anche perché il "liberismo",
> non ha indebolito ma rafforzato lo Stato come
> sostegno delle imprese, proprio perché ha
> privatizzato e ridotto il sostegno sociale e .Il
> liberismo ha, quindi , rilanciato l'uso
> imperialistico, con tante guerre (più le prossime)
> in 10 anni di "nuovo ordine". Un "ordine " non più
> frenato dal contrasto dialettico
> imperialismo-socialismo che è venuto meno. Un ordine
> senza piu' stati socialisti" ad esso avversi. Stati
> socialisti che, ai tempi di Lenin , costituivano
> la vera novità , ora sostanzialmente azzerata.
> Dipendenza e impero. Non ha quindi senso parlare
> genericamente di sfruttamento capitalistico o
> "dipendenza" tra Paesi e da un Nord che drena
> ricchezza. Forzando un "terzomondismo" che non
> spiega "come" si produce questa ricchezza, con lo
> sfruttamento che avviene in un "modo di produzione"
> che viene imperialisticamente diffuso in tutto il
> mondo, anche al Sud.
> Ne ha senso parlare, in un mondo in cui c'è evidente
> concorrenza e gerarchia tra capitalismi (e paesi)
> dominanti e dipendenti, di "sistema imperiale": un
> ultra-imperialismo con cui Toni Negri (come il
> "rinnegato" Kautsky contro cui Lenin scrisse
> "L'Imperialismo" ), vorrebbe rendere concordi stati
> e capitalismi tutti. Quasi ripetendo pedissequamente
> sul piano mondiale, quella che è stata la storia
> della formazione dello stato unitario (uno più forte
> che unifica tutti i più deboli). E ricopiando la
> storia dell'impero romano traslata da Asimov sul
> piano galattico, in cui per Negri l'indistinta
> moltitudine che sostituisce popoli e classi,
> diventa come per Asimov la "Seconda Fondazione"
> della "Trilogia galattica": può solo disturbare
> l'impero, che rimane comunque invincibile.
> La teoria come arma di lotta. Necessita piuttosto
> studiare i rapporti di produzione e le alleanze di
> classe e le tendenze e strutture del capitalismo
> contemporaneo, distinguendo anche tra le leggi del
> moto del capitale e quella che è la cosciente
> attività ideologica e politica dei soggetti che
> operano. Ovvero ricordando che nell'analizzare la
> complessità del mondo attuale, ha rilievo l'uso
> degli strumenti di analisi. E quindi che il ricorso
> al marxismo si configura esso stesso come strumento
> di lotta contro il capitalismo e l'imperialismo; e
> il suo abbandono come una componente importante del
> successo imperialistico nel dividere la classe
> operaia all'interno dei singoli paesi, e nel
> contrapporre una contro l'altra le singole parti
> della classe operaia internazionale.
> Tutte le trasformazioni del capitalismo si spiegano
> solo nel contesto globale dei rapporti dialettici
> tra stati - proprio della scuola marxista -, in cui
> si globalizzano le relazioni ma si concentrano e
> centralizzano potere e produzione in strutture
> politico-statali ed economico-mercantili che sono in
> continua lotta nel mondo, per cercare di dominarlo.
> Da ricondurre al processo di accumulazione e
> necessità di valorizzazione dei capitali attraverso
> la mobilità ed espansione continua.
> Il volano del capitalismo. Eppure, ciò nonostante,
> la categoria d'analisi dell'imperialismo, molto
> usata fino al '75, poco lo è oggi. Anche da chi
> vuole essere contro la guerra ma non sa bene come,
> perché non sa quanto "pesa" nell'economia
> capitalistica e viene sistematicamente ignorata
> nella sua reale dimensione e portata, la spesa
> militare. Tanto che sparita l'Urss, è stata
> incrementata con un ordine "vigilato" da armamenti e
> smaltimenti di guerra. Perché lo scopo non è mai
> stato e non è l'equilibrio fra potenze, ma
> l'equilibrio sulle risorse e nell'economia mondiale.
>
> Il pacifismo imbelle. La crisi dell'accumulazione
> capitalistica, da ben prima dell'11 settembre
> richiede, soprattutto nell'Angloamerica, il
> frequente uso del suo volano: la guerra. Contro cui
> si rischia un pacifismo imbelle, magari rifacendosi
> all'art. 11 di una C. che non è per un generico
> pacifismo, ma per la rimozione della causa
> economico-sociale che determina, insieme,
> disuguaglianze di classe e guerra. Un pacifismo
> impotente se, dai "noglobal" ai girotondini, ecc.,
> non si indica un "fine" socialista, contro il
> meccanismo

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