Nel film di Tavernier c'=E8 una sequenza da sogno di qualunque massa critica:
dieci minuti del protagonista in bici che raggiunge la moglie sfollata per
le bombe a 385 chilometri di distanza. da antologia. Poi alcuni spezzoni di
film ripresi e montati con gli originali nella finzione dei giornalieri, du=
e
splendide figure di cineasti alle prese con i compromessi dell'occupazione =
-
in realt=E0 quello che sembra colluso con il nemico =E8 il resistente, l'altro =
=E8
un borghese che per=F2 riesce a mantenere la sua coerenza antinazista e non
scrivere neanche un rigo per la Continental, per=F2 la paura e le angosce del
periodo concitato lo relegano a semplici - e coraggiose - resistenze a
parole. Tutto sommato: bello, avrei eliminato per intero l'episodio inglese
e evitato di calcare troppo il tono da commedia borghese (utile per
sottolineare l'ambito della cinematografia realizzata in quegli studi).
Bellissimo il decor che denota uno studio approfodito dei film di cui si fa
l'esegesi politica ma anche estetica con tanto di nomi e cognomi.
Ma la centralit=E0 della bici - e della pompa - per la lenta presa di
coscienza fino al maquis e il suo uso scenico contribuiscono a conferire un
fascino che sta a met=E0 tra la patina d'antan e l'attualit=E0 del mezzo.
Ripeto, il film ha dei momenti di stanca, ma forse =E8 uno di quelli dove la
bici =E8 la vera protagonista.
Non ho riscontrato episodi per suffragare l'accusa di revisinismo: =E8 una
disamina dei possibili atteggiamenti individuali in presenza di occupanti
(credo che Ali Nassar nel suo ultimo film abbia fatto una metafora ancorapi=
=F9
spietata del sospetto: qui tutte le volte che si incrociano i due
protagonisti - la bici e il pavido sceneggiatore - aleggia un'aura di
sospetto) o di regime totalizzante.
salute
adriano