----- Original Message -----
From: lucia <lul@???>
> Interessante, Paolo, come sempre. Dico subito che la penso proprio come > Marina, che mi ruba semrpe le parole. Ma quello che scrivi sotto lo afferma > anche la Harendt?
Io meglio, beninteso...a parte gli scherzi, sì che lo
afferma, anche se forse con una connotazione più affettuosa
verso il calore della vita individuale, che probabilmente a
me manca, un po' nella foga della polemica, un po' perché
sono sì buono, ma di cuore per nulla tenero
> Io, come ho detto altre volte, non credo in molte cose.
Mah, forse se c'è un problema, deriva più da quello in cui
credi che da quello in cui non credi
Non credo nemmeno > nella rivoluzione, che tende come al solito a sfruttare l'incazzatura > legittima dei singoli/masse per ristabilire un ordine che non li > rappresenta.
forse l'incazzatura non é il tramite più efficace: magari la
passione di costruire un mondo che ci somigli é più
perseverante...
Credo che lo stato di diritto con tutti i difetti che tu
ben > conosci sia una necessità data dalla dialettica singolo/società (dove il > singolo cerca di portare acqua al suo mulino e così pure gruppi di singoli).
a parte che gli stati di diritto ne masticano poco, a me
pare che sia meglio una situazione dove ciascun singolo con
le sue modeste, singolari forze cerca magari di ritagliarsi
un quid d'acqua per sè, che un mondo dove la forza di tutti,
compresa la mia, che mi viene strappata e ritorta contro,
viene impiegata per comprimere al massimo la mia acqua
singolare, tanto che ormai si può ben dire, e non da oggi,
ma almeno dall'ottocento, che a quasi tutti son rimaste solo
le catene per trascinare la ruota del mulino della propria
sopravvivenza. L'acqua, la forza naturale che consente di
sopravvivere armonicamente e facilmente appartiene tutta lla
scoiaetà che ce la rivende carissima e inquinata.
> Ad un mondo dove ciascuno è occupato a salvaguardare il proprio orticello, > in cui può mangiare bere defecare e riprodursi, sacrificando qualsiasi cosa > che non sia funzionale a queste cose, salvo poi accorgersi un giorno di > avere bisogno degli altri,
perdonami, ma quello che descrivi é precisamente il mondo
che c'è ora: con in più che anche l'orticello non é manco
tuo
preferisco una società in cui ciascuno dà un > piccolo contributo per aiutare la persona più sfigata, come la chiami tu.
ammettiamolo: ma se uno non dà? che cosa facciamo? lo
costringiamo? perché allora ricadiamo nella situazione
attuale. L'alternativa é fra una società in cui si é
costretti a fare il bene così tanto che alla fine smette di
essere un bene; e un mondo dove ciascuno agisce liberamente
secondo criteri propri, anche lo sfigato eventuale, cui
nessuno impedirà, come oggi, di smazzarsi le cose sue
> Perché magari, quando si vuole aiutare qualcuno in quel momento non si ha a > disposizione tutto ciò di cui ha bisogno, ma se ci prepariamo a questa > evenienza, piano piano e con un piccolissimo contributo....
prepariamoci, chi te lo nega?
In questo non mi > sento diventare più sfigata anch'io, ma, al contrario, mi sento elevare al > di sopra dei miei egoismi.
non so, questo concetto mi garba poco...non ci avverti un
pizzzico di polvere di sagrestia?
Sarà che non ho avuto una vita splendida, nemmeno > tanto sfigata, ma comunque con i miei problemi. Sarà che mio fratello ha > bisogno di cure...
E' un altro fratello? mi pareva di ricordare una descrizione
diversa, un'altra volta
Saranno tutte queste sfighe a farmi vedere la vita così, > non so, oppure è saggezza senile.
credo che, fossero queste le cause, sarei più indicato io,
non credi?
Non credo che la Harendt (per quel > pochissimo che la conosco) parlando di mancanza di soluzioni potesse parlare > del piccolo aiuto che possiamo dare ai più sfigati.
in effetti, nemmeno io ho scritto questo. Io ho detto che il
problema della sfiga non consente soluzioni sociali
praticabili: nel senso che può essere rimediato manon
risolto, e può esserlo in forma non collettiva ma semmai
individuale, privata.
Più probabilmente non > c'è soluzione oggettiva all'assurdità della vita, al suo scopo, al perché > siamo qui ecc..
soluzione oggettiva no, certo; penso, e anche qui la Arendt
mi é buona guida, che la vita sia un po' una sfida
all'assurdità, un gioco a anscondino con l'oblio che ci
incalza d'ogni parte. Che in fine dei conti la vera
avversaria dell'assurdità sia la memoria che creiamo di noi
stessi., che conserviamo degli altri
> Cmq sappimi dire della harendt. Anzi, ci dici di cosa parla Vita activa
della condizione umana, che é il suo originale titolo (in
Italia l'hanno mutato per non creare equivoci con il romanzo
di Malraux)
e > Sulla rivoluzione?
be', questo é facile, anche se parla infinitamente più di
quanto ci aspetteremmo della rivoluzione americana, che noi
siamo abituati a non considerare nemmeno una rivoluzione
>Quale ci consigli di più?
Per i fini che ci premono, credo che un mirabile approccio
stia in "Lavoro, opera, azione" che è una semplice
conferenza, di facile lettura, ma dove ci sono tantissime
cose essenziali
Occhio che per i gusti di molti, fra cui i miei, é un
tantinello filosofica come impianto, e il rischio di
polverizzarsi le palle, come negarlo? esiste
Ciao
Paolo