Author: Arci Lucca Date: Subject: [Forumlucca] Fw: palestina -aggiornamenti e qualche altra cosa
Vi trasmetto per informazione questo messaggio di Raffaella Bolini,
responsabile ARCI per le questioni internazionali. ciao, maurizio
----- Original Message -----
From: "Raffaella Bolini" <bolini@???>
To: <bolini@???>
Sent: Friday, April 12, 2002 1:07 PM
Subject: palestina -aggiornamenti e qualche altra cosa
> Cari compagne e cari compagne,
>
> prima di tutto ancora un ringraziamento per la solidarietà e l'affetto
> grande, e una scusa a tutti coloro che in questi giorni -al telefono dalla
> palestina o qui a roma- ho trattato un po' bruscamente. Lì non c'era quasi
> mai il tempo per parlare con calma. E questi primi giorni del ritorno non
> sono stati facili, nè fisicamente nè emotivamente. Si prova a fare i duri,
> ma prima o poi lo paghi....
>
> Dunque, ancora mille abbracci e molti complimenti per tutte le cose che
> avete messo in moto in tutta Italia. Sto aspettando di sentire Tom per
> proporvi la data di una riunione, nella prossima settimana, per fare il
> punto della situazione e capire come andare avanti.
>
> Nel frattempo, vi mando qualche informazione rispetto alla prosecuzione
> della campagna Action for Peace. Abbiamo avuto due riunioni nazionali, la
> prossima è prevista per martedì.
>
> Abbiamo diviso il lavoro in tre comparti:
>
> 1. Staffetta all'ospedale di Ramallah.
> Nonostante la direttiva del Ministero degli interni israeliano, che vieta ad > attivisti stranieri di entrare in Israele, qualcosa riesce a filtrare,
> dall'Italia e da altri paesi europei. Abbiamo formato un piccolo gruppo che > seleziona le persone disponibili a partire subito, per garantire la
> continutà della presenza all'ospedale in piccoli numeri per le prossime
> settimane.
>
> 2. Lavoro in italia.
> Faremo un incontro con i parlamentari, per vedere quali iniziative possiamo > prendere con loro. Lo stesso faremo con gli enti locali (il coordinamento
> degli enti locali per la pace e l'Anci).
> Scriveremo un documento di Action for Peace che servirà per promuovere una
> Assemblea nazionale che si terrà a Perugia l'11 maggio, il giorno prima
> della marcia Perugia Assisi. Facciamo appello a tutti, in particolare alle
> sedi del nord, a partecipare domani alla manifestazione a Brescia contro la > fiera delle armi.
>
> 3. Presenza in loco.
> Ci attrezziamo per una presenza continuativa in loco nei prossimi mesi,
> sperando che la situazione possa evolvere positivamente. Il progetto prevede > la presenza di molte persone, organizzate a gruppi, impegnate in lavoro di
> volontariato sociale, aiuto umanitario, solidarietà concreta, dialogo e
> solidarietà politica con le ong palestinesi e i pacifisti israeliani. Per
> questo verrà attrezzato un ufficio di riferimento in Italia per la selezione > e la formazione dei volontari e un ufficio di coordinamento a Gerusalemme.
> Una missione, che si realizzerà verso la fine del mese, servirà a
> pianificare interventi e progetti sui quali intervenire.
>
> Per finire, poichè in diversi mi avete chiesto qualcosa del genere, vi
> trascrivo di seguito un articolo che ho appena finito di scrivere per
> Rinascita. Sono opinioni personali, ovviamente, ma magari a qualcuno possono > essere utili. Un carissimo saluto raffaella
>
> -----------
> Qui ancora si parlava di operazione militare contro il terrorismo, mentre
> noi eravamo a Ramallah. Noi lì vedevamo una invasione, un assedio, una
> guerra contro i civili.
>
> Abbiamo visto i cecchini sparare sui bambini, uccidere una donna che usciva > dall'ospedale, sparare sui barellieri e i volontari che la soccorrevano.
> Abbiamo visto rastrellamenti di interi quartieri, i carri armati a bloccare > le strade, le minacce via megafono di far saltare tutte le case. Abbiamo
> visto venire giù una casa mitragliata e un uomo cadere insieme alle macerie, > con la schiena spezzata. Abbiamo visto i soldati strapparlo dalle mani degli > infermieri e portarselo via. Desaparecido.
>
> Abbiamo visto una popolazione sotto coprifuoco ventiquattro ore su
> ventiquattro, senza possibilità di uscire di casa, senza cibo, senza latte
> per i bambini, spesso senza acqua e senza luce. Abbiamo visto sparare sulle > ambulanze. Abbiamo saputo di persone morte da due giorni che nessuno poteva > andare a prendere. Abbiamo visto una fossa comune scavata nel parcheggio
> dell'ospedale, perché mancava il gas alle celle frigorifere. Abbiamo visto i > cecchini sparare anche su quell'atroce funerale, con i corpi calati nella
> terra, qualche coperta pietosa a coprire il fondo. Noi intorno, con le
> pettorine bianche, a cercare di proteggere chi scavava.
>
> Ci hanno detto che siamo unilaterali, pacifisti a senso unico. Siamo
> unilaterali, sì, e lo saremo ancora: unilateralmente dalla parte dei diritti > umani. Mentre eravamo all'ospedale di Ramallah, non stavamo solo dalla parte > dei palestinesi, vittime di una aggressione che straccia qualunque diritto
> umano e umanitario. Ci sentivamo di stare a difendere anche la dignità di
> Israele che il suo esercito sta calpestando e la sua stessa sicurezza, che
> il governo di Sharon sta mettendo a serio rischio. A Ramallah sono venute a > trovarci un gruppo di ragazze israeliane di Ta'Yush, il giovane movimento
> pacifista che porta aiuti umanitari nei villaggi palestinesi isolati dall'
> occupazione. Sono una minoranza, certo. Contano poco. Nei paesi in guerra i > pacifisti sono sempre minoranza. Ma sono loro, a tenere aperta la porta al
> futuro del loro paese. Di Israele, un paese malato.
>
> L'insicurezza -che è sempre stata, comprensibilmente, un dato fondante della > identità israeliana- è manipolata dal governo di destra fino a farla
> diventare paranoia. Si può aiutare una società ad affrontare il dramma del
> terrorismo mettendo in campo razionalità e politica. La razionalità direbbe > che umiliare Arafat, distruggere la leadership dell'ANP, portare all'
> estremo la disperazione dei palestinesi non aiuta a combattere il
> terrorismo. Lo aiuta a crescere. Si può, al contrario, come sta facendo
> Sharon, far leva sulla paura per scatenare mostri. Militarismo,
> aggressività, perdita di lucidità non sono effetti obbligati. E penso con
> dolore a cosa può essere una società dove ragazzi di venti anni -una intera > generazione- viene spedita nei Territori a commettere barbarie contro donne, > ragazzi, persone anziane. Credendo di combattere una battaglia giusta.
>
> Spero che le comunità ebraiche nel mondo, sapranno dare, come è successo
> altre volte, un contributo di lucidità al paese che amano. Spero che siano
> capaci, in un momento difficile, di offrire un contributo di saggezza. Trovo > pericoloso banalizzare, usurare il concetto di antisemitismo. L'
> antisemitismo è cosa seria. Esiste e sta riprendendo fiato, nell'estrema
> destra, soprattutto in quella Europa centrale e orientale devastata dall'
> ultimo decennio. Gettare accuse di antisemitismo a tutti coloro che si
> oppongono alla politica dei governi di Israele confonde le acque, produce
> una confusione di cui gli antisemiti veri possono trarre perfino giovamento. > State attenti, ebrei della diaspora, per favore. State attenti a non
> confondere amici e nemici. Quelli veri, e comuni. Quelli che odiano voi, e
> anche tutti gli arabi, e tutti i diversi, e tutti i democratici.
>
> E stiamo attenti, tutti. Stiamo attenti a non trasferire guerre di religione > a casa nostra. Le comunità arabe sono sotto pressione, le comunità ebraiche > anche. Ma qui, lontano dalla guerra, possiamo permetterci il dialogo, la
> comunicazione. Qui dobbiamo dare l'esempio della convivenza. E' una
> responsabilità che tocca a tutti. A tutti, nessuno escluso. Se vogliamo
> gettare acqua, e non benzina, sul fuoco.
>
> Di benzina, nel mondo, ne è stata gettata abbastanza. La crociata dell'
> occidente contro il mondo arabo. La sostituzione della guerra alla politica. > La rinuncia ai diritti in nome della lotta globale al terrorismo. Benzina,
> materiale esplosivo.
>
> Eccoli, i risultati. Ecco cosa produce il mondo governato dalla forza e dai > poteri forti. Ecco cosa produce il mondo che pensa alla sicurezza contro gli > altri e non con gli altri. Sono sicuro se il mio avversario si sente sicuro, > se non sente il fiato sul collo della mia minaccia, se sente che non sono un > nemico -questo ci aveva insegnato fra gli altri Olaf Palme prima di essere
> ammazzato, negli anni in cui credevamo saremmo tutti morti di bomba atomica. >
> Dove sono finite quelle riflessioni, il punto più avanzato del pensiero
> europeo del novecento? In quale cassetto sono state chiuse, anche dalla
> sinistra, quella che a un certo punto ha cominciato a votare per la guerra e > a farle, le guerre? Con angoscia, senza protervia, senza pretesa di
> flagellazioni pubbliche, ma come facciamo a non chiedere che la
> ricostruzione del tabù della guerra -fatto a pezzetti negli ultimi anni-
> ritorni ad essere priorità assoluta, del pensiero e dell'azione di una
> sinistra che voglia dirsi tale?
>
> In Palestina, in questi giorni, non abbiamo assistito solo all'ultima
> puntata di un conflitto che dura da mezzo secolo. No. C'era qualcosa di
> nuovo. E di terribile. Per questo in Palestina, oltre al pacifismo
> tradizionale c'era il movimento di Genova, di Porto Alegre, il movimento per > i diritti e la giustizia globale.
>
> Il fatto nuovo è che, nella guerra di Sharon, le crudeli violazioni dei
> diritti umani che sono proprie di tutte le guerre diventano oggi legali,
> legittime -quasi dovute. Dopo l'11 settembre, si sta nei fatti riscrivendo
> un nuovo corpus di diritto internazionale dove tutto è permesso ai forti,
> dove tutto è legittimo per i potenti. La comunità umana ci aveva messo
> millenni, a provare a darsi regole che civilizzassero i conflitti. Si era
> dovuti passare per due guerre mondiali e per il nazismo. E' bastato un
> giorno di settembre per ritornare al punto di partenza. O siamo capaci a
> ribellarci adesso contro la guerra globale permanente o il mondo che verrà
> assomiglia all'incubo che noi, pacifisti e disobbedienti di Action for
> Peace, abbiamo intravisto e non riusciamo a toglierci dalla testa -che ci ci > tiene ancora lì, davanti a un ospedale a cercare di fermare a mani alzate un > carro armato.
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