Questa è la mia testimonianza da Tel-Aviv. "I fatti" è una cronaca, mentre
"le parole" sono una serie di riflessioni che sono nate in seguito ad una
discussione con una donna israeliana
Ciao
Isaia Nisoli
I fatti .
Il 3 aprile 2002 sono partito da Treviglio, col treno delle 7:09, alla volta
di Roma dove alle ore 21:05 avrei preso il volo Alitalia AZ810 per Tel Aviv.
Avevo molta paura e stavo male.
Ma mi sono imbarcato e sono partito. Mi sono addormentato e mi sono
svegliato a Tel Aviv alle 02:45 ora locale.
Sul mio volo c'erano alcuni parlamentari, tra cui Marco Minniti, ed alcuni
sindacalisti come Claudio Sabattini e Alessandra Mecozzi.
Preso il bus andiamo alla dogana. I parlamentari passano senza problemi, coi
loro passaporti di servizio. Noi veniamo fermati e cominciano ad
interrogarci. I poliziotti ci interrogano per sapere perché siamo venuti in
Israele. Per turismo, ci consigliano di rispondere. E così faccio.
Ci ritirano i passaporti. Il funzionario dell'ambasciata si chiude in una
stanza con la funzionaria del ministero dell'interno israeliano. "È normale,
l'ultima volta ci hanno tenuti qui tre ore" dice Alessandra. Finalmente,
dopo circa tre ore (ho perso il senso del tempo), ci fanno passare al
Security Check. Cominciano le perquisizioni. Fanno passare le valigie
attraverso una macchina a raggi X, dopodiché ci portano in una stanza dove
ce le aprono e controllano tutto, dai capi di vestiario alle biro. Ci fanno
passare nei metal-detector e ci perquisiscono.
Sono pulito e mi fanno uscire. Arriva una ragazza con degli adesivi per le
valigie e comincia ad attaccarli. "Come mai?". Non ci rispondono. Vogliono
mandarci a casa. Discutiamo, ma ad un certo punto arriva un poliziotto in
borghese. Comincia a spingerci. "Andate con loro", indicando due poliziotte.
Cominciano a dividerci. Cominciano a spintonarci, c'è qualcuno che cerca di
fare un po' di resistenza. Ci portano in un ufficio. Incontriamo quelli del
gruppo proveniente da Atene. Ci chiedono cosa sta succedendo. Passa ancora
del tempo.
L'altra delegazione viene portata al Security Check.
Sabattini viene trascinato dove siamo noi. I poliziotti provocano molto.
Sembra che cerchino un pretesto per attaccarci. Una persona viene trascinata
su un bus.
Uno per volta veniamo portati all'esterno. Anch'io vengo preso da un
poliziotto e costretto a seguirlo.
Io non oppongo molta resistenza. Provo a fermarmi un paio di volte. Ma ho
paura e mi lascio portare sull'autobus.
Donatella, una ragazza di Milano, tenta di non far chiudere la porta
dell'autobus. Una poliziotta la assale. Le torce un braccio e le graffia la
mano. Quando siamo tutti sull'autobus veniamo portati all'aereo. Lo so che è
un po' da vigliacco, ma mi sento molto più tranquillo ora, sull'aereo.
. le parole
Dopo un po', una signora israeliana seduta vicino a noi comincia a parlare a
me ed a Gigi, che è lì per conto dell'Agesci (gli scout). Ci chiede perché
siamo lì. Gigi le spiega che è lì per creare un contatto per conto
dell'Associazione, per poter portare aiuto a chi è in difficoltà.
- "Perché venite in aiuto solo adesso e non prima, quando erano gli ebrei a
saltare per aria nelle strade. Sono stata a Roma e pensavo, è così bello che
tutti possano godersi così la vita senza pensare e guardarsi intorno perché
hanno paura che qualcuno gli esploda addosso."
È vero, penso, mi sento un po' colpevole e taccio.
-"Perché siete venuti solo ora?"
Perché ora c'è una guerra ed una delle due parti è notevolmente svantaggiata
rispetto all'altra, perché ora si negano ad alcuni dei diritti che invece
dovrebbero essere garantiti per tutti. Perché l'esercito israeliano uccide
anche i civili? Non credo che tutti i palestinesi siano terroristi, come
penso che non tutti gli ebrei siano d'accordo con questa guerra che si sta
connotando sempre di più come un massacro.
Un disperato a cui hanno fatto il lavaggio del cervello che si fa esplodere
tra la folla è un terrorista, come quelli che hanno sfruttato e creato la
sua disperazione. Ma come si può chiamare terrorista un uomo che ora cerca
di difendere la propria terra da un'invasione?
L'antisemitismo non mi appartiene.
Le chiedo "Perché ci sono i coloni insediati a forza nei territori
palestinesi?".
Lei risponde "Se l'Italia si accorgesse che possedendo dei territori in più
potrebbe difendersi meglio, non cercherebbe di acquisirli?"
La guardo: è veramente convinta di quello che dice. Mi disegna i confini con
un dito su uno dei cuscini che ci hanno distribuito sull'aereo.
"Ecco i vecchi confini" - dice - "Non esisteva neppure allora uno stato
palestinese, i palestinesi come popolo non esistono".
Le rispondo che anche i Kurdi non hanno uno stato eppure sono un popolo.
Mi guarda sorridendo. E comincia a parlarmi del lavaggio del cervello che
fanno i palestinesi ai bambini per farne dei soldati. Rabbrividisco. Sarà
vero? E che lavaggio del cervello hanno fatto a lei?
Che disperazione e che odio ci sono tra questi due popoli?
Perché gli israeliani non hanno voluto che noi entrassimo in Israele?
Non vogliono che qualcuno testimoni quanto sta avvenendo? È per questo?
- "Perché tu sei venuto in Israele?"
Perché volevo parlare con gli israeliani e coi palestinesi, penso, per
vedere e capire. Non posso, non voglio credere che l'esercito israeliano si
stia macchiando di crimini che moltissimi ebrei innocenti hanno subìto.
Non so di chi sia la ragione e di chi sia il torto, ma so chi è il più
debole e so che sta rischiando troppo. E che va difeso. Penso e penso e
cresce in me la paura di non aver fatto nulla.
La signora mi guarda e mi chiede cosa studio. "Stasera va' a casa e studia.
Non preoccuparti di cosa avviene qui, è troppo grande per te; dormi un po' e
torna alla tua solita vita".
Non posso, perché ogni vita, se non indispensabile, è irripetibile. Perché
questa guerra ci toccherà tutti. Mentre i diritti sono una cosa locale,
l'ingiustizia è globale. E l'ingiustizia genera odio.
Ciao
Isaia
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