ciao
questo mi sembrava un articolo molto in tema, sia per gli ultimi 
avvenimenti accaduti in america l'11 settembre, che per la situazione delle 
donne nel afganistan.
l'articolo e' stato preso dal sito:
http://www.anarca-bolo.ch/a-rivista/271/4.htm
saluti da Lamp
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Cuore di pietra
di Maria Matteo
Non ci sono solo i due grandi Buddha di pietra.
Ci sono milioni di donne oppresse, represse, torturate.
Non solo in Afganistan.
Vittorio Sgarbi, esibendosi nelle proprie consuete intemperanze verbali, ha 
invocato l'intervento militare dell'Occidente per impedire la distruzione 
dei due grandi Buddha della Valle di Bamiyan, in Afganistan.
La sua posizione, per quanto estrema, rappresenta bene la grande 
mobilitazione internazionale che ha accompagnato la decisione del governo 
talebano di demolire tutti i monumenti dell'arte preislamica presenti in 
Afganistan. Si sono mosse le Nazioni Unite, i governi di mezzo mondo, i 
grandi musei, persino i G8, riuniti a Trieste per il summit sull'ambiente, 
hanno spedito un appello. Sono fioccate le proposte di acquisto, rimozione, 
mentre emissari delle più disparate istituzioni culturali e politiche si 
sono precipitati a Kabul.
Mentre scrivo non si hanno notizie dei Buddha, non si sa se l'opera 
distruttiva sia stata portata effettivamente a termine. Certo è che in 
pochi giorni sono stati versati fiumi di inchiostro, sprecate iniziative 
diplomatiche quante non se ne erano viste da oltre vent'anni, da quando, 
con l'invasione sovietica del paese, ebbe inizio la grande tragedia del 
popolo afgano. Del regime di terrore instaurato dai talebani nel paese si 
sono occupate solo minoranze per le quali i diritti umani non sono solo 
belle parole da invocare nelle celebrazioni ufficiali. Ma parlare di 
violazione dei diritti umani pare quasi un eufemismo in l'Afganistan, 
perché la repressione contro le minoranze e le donne è di una ferocia senza 
limiti.
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30 milioni di mutilate sessuali
Il rapporto annuale delle Nazioni Unite sullo stato della popolazione 
dell'anno 2000 era dedicato alle donne. I dati ONU ci presentano un quadro 
in cui le violenze, le discriminazioni, le mutilazioni, la limitazione o 
privazione totale della libertà, gli omicidi sono in costante aumento quasi 
tutto il pianeta. Nessun paese escluso.
In tutto il mondo circa 130 milioni di ragazze e bambine subiscono 
mutilazioni sessuali orrende, 20 dei 50 milioni di aborti effettuati ogni 
anno viene praticato in condizioni igieniche spaventose, ogni 15 secondi 
viene violentata una donna negli Stati Uniti, gli omicidi per motivi di 
"onore" sono, secondo alcune stime, 5.000 l'anno e spesso la motivazione 
costituisce un'attenuante per gli assassini, la violenza fisica, sessuale, 
psicologica tra le mura domestiche è elemento comune ai paesi del primo e 
del terzo mondo.
La vita, la libertà e la dignità delle donne sono ovunque calpestate ma in 
nessun luogo ci troviamo di fronte ad un esplicito tentativo di genocidio 
di genere come nell'Afganistan dominato dai talebani, dove alle donne è 
negata la possibilità stessa di sopravvivere.
Il "Ministero per la promozione della virtù e la prevenzione del vizio", lo 
stesso da cui è partito l'ordine di distruzione degli "idoli", si applica 
con metodo a rendere impossibile l'esistenza delle donne. Il burqa, la 
palandrana che ricopre completamente il corpo ed il viso delle donne è solo 
il segno più visibile di una condizione terribile. Alle donne è vietato 
lavorare, istruirsi, uscire di casa senza un parente maschio, accedere ad 
un ospedale. Le donne non possono essere visitate da un medico maschio ed 
alle poche donne medico, quelle che non sono state uccise o costrette 
all'esilio, è impedito di esercitare la professione. Le oltre 700.000 
vedove con figli sono obbligate alla mendicità e rischiano la vita ogni 
giorno. Le donne che per ribellione o per necessità violano i decreti dei 
talebani vengono percosse in strada, bruciate vive dai mariti, lapidate 
nelle pubbliche esecuzioni del venerdì.
Secondo i dati forniti dall'Unicef negli anni '90 più di cinquantamila 
donne sono morte in circostanze legate al parto, mentre cinque milioni di 
bambini circa sono morti per malnutrizione e malattie varie negli ultimi 15 
anni.
Donne in Afganistan
L'Occidente, che sino a pochi anni orsono ha fomentato ed armato i 
fondamentalisti sunniti in funzione antisovietica e come argine 
all'integralismo shita iraniano, oggi impone sanzioni all'Afganistan per 
l'ospitalità data al noto terrorista saudita Osama Bin Laden, 
"dimenticando" che Osama è una creatura dell'Intelligence americana. Il 
medioevo islamico tanto sbandierato in questi giorni dai quotidiani è anche 
frutto del sostegno militare e politico che per anni i paesi occidentali e 
gli Stati Uniti in particolare hanno fornito all'integralismo sunnita. Un 
integralismo che lancia anatemi contro la modernità, che non si limita 
all'accanimento odierno contro le statue del passato ed ha da tempo 
distrutto televisori e radio, videocassette e stereo. Ma la leadership 
talebana viaggia su auto giapponesi, dispone di aerei privati e gestisce un 
proprio sito web. Le ferree regole imposte dal "Ministero per la promozione 
della virtù e la prevenzione del vizio" non valgono nei palazzi del potere.
La ferocia del governo integralista afgano è tale da farci pensare che 
quello che sta avvenendo in quel paese sia comparabile solo al programma di 
sterminio attuato nella Germania nazista nei confronti dei malati di mente, 
degli handicappati, degli oppositori politici, degli ebrei, dei rom e degli 
omosessuali.
La morte, la tortura, la privazione di ogni esiguo margine di libertà delle 
donne afgane avviene in un assordante silenzio. Al di là di poche 
organizzazioni umanitarie nessuna voce si leva alta per frantumare la muta 
acquiescenza che accompagna il lento sterminio delle donne dell'Afganistan. 
In Afganistan ed in Pakistan lavorano in clandestinità due organizzazioni 
femminili, la RAWA e l'HWCA. Queste donne, che rischiano la vita ogni 
giorno perché condannate a morte dai talibani, attraversano sotto i loro 
burqua il confine e si recano in città e villaggi ove svolgono un lavoro 
profondamente sovversivo: insegnano alle donne ed alle bambine a leggere e 
scrivere, a curarsi ed a curare, a tessere tappeti. In Pakistan hanno 
aperto per i profughi (oltre un milione e mezzo) ospedali e scuole che 
rischiano di chiudere per mancanza di fondi. Per loro non ci sono 
sovvenzioni da alcuna prestigiosa istituzione culturale, organizzazione 
internazionale, governo "sensibile" alla conservazione del patrimonio 
culturale.
Le grida di protesta per la distruzione dei Buddha rendono assordante il 
sostanziale silenzio che accompagna l'agonia delle donne dell'Afganistan. 
Di fronte a simili crimini il silenzio è complicità.
Ma il cuore dei governi di mezzo mondo batte per i monumenti di Bamiyan. Un 
cuore di pietra.
Maria Matteo
firmato: i Talebani Quello che segue è un sommario elenco delle condizioni 
di vita imposte alle donne
(e non solo a loro) dai Talebani.
Divieto totale di lavoro fuori casa, incluso l'insegnamento, la sanità, ecc...
Divieto totale di movimento fuori casa senza la presenza di un mehram 
(padre, fratello o marito).
Divieto di trattare con negozianti maschi. ·Divieto di ricevere cure da 
medici maschi.
Divieto di istruzione in scuole, università o altre istituzioni.
Obbligo di indossare il burqa, un lungo velo che copre le donne da capo a 
piedi.
Fustigazione, percosse e insulti alle donne i cui abiti non corrispondano 
alle prescrizioni dei talebani, o alle donne non accompagnate dal mehram.
Fustigazione pubblica per le donne con le caviglie scoperte.
Lapidazione pubblica per le donne che hanno rapporti sessuali fuori dal 
matrimonio (molte coppie di amanti vengono lapidate a morte per questa legge).
Divieto dell'uso del trucco (a molte donne sono state amputate le dita 
perché avevano le unghie laccate).
Divieto di parlare o di dare la mano ad uomini che non siano mehram. 
·Divieto di ridere forte (nessun estraneo deve sentire la voce delle donne).
Divieto di portare i tacchi alti, in quanto è proibito sentire il suono dei 
passi di una donna.
Divieto di prendere il taxi senza un mehram. ·Divieto di apparire alla 
televisione, alle radio o in qualsiasi riunione.
Divieto di praticare sport o entrare in una palestra o centro sportivo.
Divieto di andare in bicicletta e moto anche in presenza del mehram.
Divieto di indossare abiti a colori vivaci (con loro parole, "colori 
sessualmente attraenti").
Divieto di riunione anche in occasione di feste o per scopo ricreativo.
Divieto di lavare i panni accanto ai fiumi o in luoghi pubblici.
Tutti i nomi con la parola "donna" sono stati cambiati. Per esempio, "il 
giardino delle donne" è diventato "il giardino della fonte". Divieto di 
apparire al balcone delle case e degli appartamenti.
Obbligo di oscurare le finestre in modo che le donne non possano essere 
viste dall'esterno.
Divieto per i sarti maschi di prendere le misure o cucire abiti da donna.
Divieto dell'uso dei bagni pubblici per le donne.
Gli autobus sono segregati, per uomini e donne; divieto per uomini e donne 
di viaggiare sullo stesso autobus.
Divieto di indossare vesti con maniche larghe anche sotto il velo. ·Divieto 
di farsi fotografare o filmare.
Divieto di riprodurre immagini di donne su giornali e libri, o di esporle 
nelle case e nei negozi.
Divieto a tutti, uomini e donne, di ascoltare musica.
Divieto a tutti di guardare film, televisione e video